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Chi ricorda Amalia Ulman, la ventottene argentina (classe 1989) che nel 2014 si fece beffe dei futuri influencer di Instagram inscenando post dopo post le avventure di un’aspirante attrice a Los Angeles per quattro mesi, se non che si trattava di performance artistica, ovvero “Excellences and Perfetions”, poi felicemente inclusa in una mostra alla Tate.
Acclamato al Sundance, in Concorso al 39° Torino Film festival, El Planeta è il suo primo lungometraggio. Scritto, diretto e interpretato da lei stessa, nel cast pure la vera madre Ale Ulman, è ambientato a Gijón, allorché Leo (Amalia) vi fa ritorno da Londra per stare con la madre (Ale) dopo la morte del padre: la situazione economica della città spagnola è pessima, quella delle due donne anche peggio, lo sfratto incombe, ci si barcamena tra improbabili make-up a Christina Aguilera, offerte di prostituzione (pissing), contraffazione di capi di vestiario, taccheggi assortiti.
Ma la speranza è l’ultima a morire, l’afflizione la precede, sicché pellicce, trucchi, corse in taxi e scarpe da rendere entro un mese non latitano, e il legame madre e figlia ne beneficia: di necessità finanziaria virtù affettiva.
Girato in bianco e nero (fascinosa fotografia di Carlos Rigo Bellver), rivela echi dell’indie americano anni ’80 e ’90, così stentorei da chiedersi se Ulman ci faccia o ci sia, vedi Instagram. Poco importa, il tocco c’è, il baratro anche, gentilmente circoscritto, sociologicamente segnalato, cinematograficamente avvertito, con Martin Scorsese insignito del Premio Principessa delle Asturie per le arti nel 2018 quale – beffa anche questa? – nume tutelare.
C’è pauperismo à la carte, mean e fashion street, una botta e via e romanticismo anch’esso sotto sfratto, tutto con garbo, drammaturgia in fibra di vetro, inquadrature come stories, la furbizia dei bravi o, forse, la bravura delle furbe. Niente male, insomma: piccolo non per ambizione, variopinto di grigio, scanzonato per volontà, El Planeta può legittimamente piacere. Se non sorprendere, con un occhio al passato e l’altro ai social.