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El otro
Juan Desouza è un avvocato di Buenos Aires; Juan Desouza è anche, per alcuni giorni soltanto, un medico oppure un anziano agricoltore, entrambi defunti; Juan Desouza è soprattutto una persona cui si spalanca davanti il baratro dell'esistenza, senza avere ponti per attraversarlo, puntelli cui aggrapparsi, sicurezze cui far riferimento. Quale sfogo, quale fuga, se non appropriarsi della vita dell'altro? L'argentino Ariel Rotter ha esordito nel 2001 con il lungometraggio Solo per hoy, che vinse allora il Festival di Alba, riconoscendogli la giuria già all'epoca un encomiabile e personale rigore narrativo. Reitera riconoscimenti e notorietà con l'assegnazione quest'anno a Berlino del Gran Premio della Giuria con El otro (L'altro), che passa nuovamente in competizione anche ad Alba. E' un fine lavoro di psicologia cinematografica e di introspezione umana, la storia del nostro Juan: tutto all'apparenza sembra trasmettere stabilità, ma nel cuore, nell'animo, le cose possono andare diversamente. E quando si ha la possibilità di sperimentare, con ben poche sicurezze, inaspettati cambiamenti di luoghi e persone, molte avventure ed incontri hanno inizio. Il film di Rotter è fatto di poche parole, ma di molte immagini talvolta intense, altre delicate, sempre in equilibrio tra verosimiglianza e verità. Ci piace questo eroe ondivago in tutti i sensi, che non trova motivi validi per ritornare alla sua vita, rientrare nella sua personalità, ma desidera, invece, vivere quelle degli altri. Fino a quando un fatto singolare non fa suonare in lui la sveglia della responsabilità, della realtà che aveva, anche se per poco, rifiutato: il gioco, ora divenuto rischioso, giunge a termine, ma, come era iniziato, senza drammi. Aspetto singolare, parlare di crisi senza lacrime, senza austere percezioni di tragedia, ma seguendo alcune giornate di un ribelle piccolo piccolo, cui presta volto, occhi e tono di voce una star del cinema argentino, Julio Chavez.