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Un cappuccio per nascondersi, per ripararsi dal presente e dal passato che la insegue. Le sue orecchie sono strane, a punta, e gli altri la guardano come se fosse un mostro. Il suo nome è Edhel, una ragazzina sospesa tra realtà e finzione, tra un mondo popolato da strane creature e una vita di sofferenza ed emarginazione.
L’esordio di Marco Renda brilla di entusiasmo e si rivela un fantasy coraggioso che, con i mezzi di un film indipendente, costruisce un’atmosfera da favola, senza il bisogno di mirabolanti effetti speciali. Edhel è una storia di disagio sociale, di bullismo, con il diverso che ancora una volta è vittima di chi crede di essere superiore.
Quanto è difficile crescere, specialmente in una società che cerca l’omologazione, invece di illuminarsi con qualcosa di nuovo. Per un attimo, su un televisore, si vede una sequenza de Il bacio della pantera di Jacques Tourneur, il manifesto di un terrore ancestrale frutto dell’immaginazione. In Edhel il significato della paura si ribalta: la protagonista teme ciò che conosce, perché sa quanto può farla soffrire. Un cinema da sostenere, da sviluppare, per una regia che certo si affinerà, ma che lascia ben sperare per il futuro