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Drive-Away Dolls ©2023 Focus Features. LLC.
Per citare il titolo di un loro film, Fratello, dove sei?, è difficile stabilire chi si sia perso di più tra Joel ed Ethan Coen da quando hanno intrapreso carriere separate. L’ultimo lavoro a quattro mani, La ballata di Buster Scruggs, risale a prima della pandemia. Da allora Joel si è cimentato con una legnosa rilettura del Macbeth, mentre Ethan, il più prudente tra i due, si era concesso un doc musicale, Jerry Lee Lewis: Trouble In Mind. Ora ci riprova con una commedia “alla Coen”, finendo semmai per farcela rimpiangere. Drive-Away Dolls, scritto con la moglie Tricia Cooke, si presenta come un Thelma e Louise di serie B, sboccato ma corretto, un road-movie lesbico popolato da personaggi pittoreschi e situazioni demenziali.
Il prologo, da sempre marchio dei Coen, è tra le cose migliori: in un tipico diner americano uno spaventato Pedro Pascal tiene nelle mani una valigetta grigio-metallizzata, che fa gola anche a un cameriere minaccioso. Segue inseguimento in strada con finale splatter. Incipit che ci immette da subito in uno spazio scenico fumettistico e delirante. Portando a casa due risultati: il cameo di Pascal (ce n’è anche uno nel finale di Matt Damon) da sfruttare nei promo; il MacGuffin della valigetta e del suo imponderabile contenuto. La voglia di riportare indietro le lancette del tempo suggerisce di ambientare Drive-Away Dolls alla fine degli anni Novanta, l’età dell’oro nella carriera dei Coen. Probabile però che la scelta abbia anche una banale ragione diegetica: all’epoca non c’erano i cellulari, la cui presenza sarebbe stato un bel problema per la plausibilità del racconto.
Dopo il violento prologo si parte con una scena di sesso tra due donne, più ironica che scabrosa. Qui conosciamo Jamie, una texana disinibita allergica ai legami. È interpretata dall’ascendente Margaret Qualley, protagonista della serie Netflix The Maid e voluta da Tarantino in C’era una volta a Hollywood nel ruolo di “Pussycat”. La Qualley è un’attrice luminosa, genuina qualunque cosa faccia. Qui è civettuola, sfacciata, ma mai volgare e non sprovvista di delicatezza. Sparring partner la ben più scialba Geraldine Viswanathan. Inseguite da malavitosi, le due intraprendono un tumultuoso on the road fino a Tallahassee, Florida, inconsapevoli del pericolo stipato nel bagagliaio della loro macchina a noleggio.
Il problema è che più il viaggio procede, più si sgonfiano le ruote dell’invenzione. Il susseguirsi di incontri e di eventi surreali – intervallati da momenti psichedelici simili a videoclip acidi dei Settanta – risultano trovate stanche per far girare artificiosamente il motore del racconto. Il motivo dell’eroe ignaro, trascinato in un’assurda macchinazione è tipico del cinema dei fratelli (Il grande Lebowski?) ma qui manca di ogni afflato filosofico. La sgangheratezza dell’operazione, memore forse di certe scorticature del b-movie, non diventa mai manifesto estetico. Rimane sgangheratezza. Drive-Away Dolls è il primo atto di una trilogia queer. A breve Coen inizierà a girare il secondo: si intitola Honey Don't e rischia di suonare da ammonimento.