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(l-r.) Samantha Bond stars as Lady Rosamund, Douglas Reith as Lord Merton, Harry Hadden-Paton as Lord Hexham, Laura Carmichael as Lady Edith Hexham, Hugh Bonneville as Lord Grantham, Elizabeth McGovern as Lady Grantham, Michelle Dockery as Lady Mary Talbot, Penelope Wilton as Lady Merton, Robert James Collier as Thomas Barrow and Michael Fox as Andy in DOWNTON ABBEY: A New Era, a Focus Features release.
Credit: Ben Blackall / © 2021 Focus Features, LLC
“I Crawley vanno e vengono, come individui. Quella che resta è la famiglia”. È l’americana Cora (Elizabeth McGovern), la straniera che tanto ha dovuto sopportare per entrare appieno nelle grazie della matrona Violet (Maggie Smith), ad incidere l’epitaffio perfetto sul secondo capitolo cinematografico della celeberrima saga seriale creata da Julian Fellowes.
Una nuova era – come da sottotitolo – è quella entro la quale i personaggi di Downton Abbey stanno per fare il loro ingresso: gli anni Venti stanno per concludersi, dal passato remoto arriva un’eredità imprevista – una villa sulla Costa Azzurra che un ricco francese decide di lasciare misteriosamente a Violet, fugace amica di gioventù per una sola settimana… – mentre dal futuro prossimo piomba dentro la tenuta dello Yorkshire, con la sua forza dirompente, il fascino e la perdizione del cinematografo, accolto in maniera trionfale dalla servitù e con enorme diffidenza dai piani alti.
Hugh Bonneville stars as Robert Grantham and Michelle Dockery as Lady Mary in DOWNTON ABBEY: A New Era, a Focus Features release.Credit: Ben Blackall / © 2021 Focus Features, LLC
Dopo Michael Engler la regia passa nelle mani di Simon Curtis (Attraverso i miei occhi) ma, ancora una volta, è l’oliatissimo marchingegno di scrittura e caratteri che conduce il film in porto, con tanto di vessillo: si parte con un matrimonio (quello del vedovo Tom con Lucy Smith) e si finisce con un corteo funebre che anticipa però l’arrivo di una nuova vita. Nel mezzo, ci si divide in due gruppi.
Da una parte il viaggio verso la Francia, per cercare di capire qualcosa in più circa la misteriosa eredità, di Robert Crawley (Hugh Bonneville) e consorte, con la figlia Edith (Laura Carmichael) e marito (Harry Hadden-Paton), il genero Tom (Allen Leech) e la novella sposa (Tuppence Middleton), oltre ai fidati Bates (Brendan Coyle) e Carson (Jim Carter); dall’altra Lady Mary (Michelle Dockery) impegnata a mantenere il governo della casa e a supervisionare “l’invasione” di una troupe che ha scelto quella lussuosa dimora per girare alcune scene di una nuova pellicola, sotto la guida del regista Jack Barber (Hugh Dancy), che finirà per infatuarsi di lei.
Il momento è di quelli cruciali, due star del muto (Dominic West e Laura Haddock) si ritrovano catapultate durante le riprese a modificare in corsa il loro modo di rapportarsi alla recitazione: la produzione infatti decide di interrompere le riprese, data ormai per compiuta la rivoluzione apportata dal sonoro. E l’unico modo per far sopravvivere quel film è adeguarsi in fretta e furia.
Laura Haddock stars as Myrna Dalgleish and Michael Fox as Andy in DOWNTON ABBEY: A New Era, a Focus Features release.Credit: Ben Blackall / © 2021 Focus Features, LLC
Ecco, nel consueto e irresistibile, elevatissimo tripudio di scrittura che accompagna da sempre le dinamiche, i dialoghi, gli snodi di Downton Abbey, questa sorta di plot twist metacinematografico non è altro che la classica ciliegina sulla torta capace di far cambiare la rotta non solo della narrazione tout court ma dello sviluppo di numerosi personaggi.
Ancor meglio che nel film precedente, dunque, il pregresso seriale attraverso il quale siamo riusciti a conoscere vizi e virtù tanto dei protagonisti quanto dei comprimari (si pensi ad esempio al sempre amabilissimo Mr. Molesley, interpretato da Kevin Doyle) ci assiste in maniera decisiva per poter cogliere ogni sfumatura relativa alle emozioni e ai sentimenti delle tante figure in ballo.
La nuova era della famiglia (Crawley certo, e per estensione anche quella dell’intero corpo dei fedeli servitori, come Barrow ad esempio, per il quale si aprirà uno spiraglio per un futuro più luminoso) dovrà necessariamente fare i conti con il correre veloce dei tempi (e la metamorfosi radicale del cinema nel suo passaggio muto-sonoro ne eleva la portata) e con il passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova guardia.
Anche qui, però, in uno dei momenti più temuti e commoventi dell’intera storia del franchise, Fellowes riesce ad ammantare di dolce e sagace ironia (“Sei sempre stata più intelligente di me” – “Vero, ma non te ne fare un cruccio in questo momento”) un dolore altrimenti troppo forte da sopportare. Per i protagonisti di Downton Abbey certo, e per tutti coloro i quali, noi compresi, li portano nel cuore dalla prima ora.
God bless the family. God bless Julian Fellowes. God bless Downton Abbey.