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Da una sceneggiatura scritta a più mani da Francesco Ghiaccio, anche regista, e Marco D’Amore, il "Ciro" di Gomorra (in collaborazione con Renata Ciaravino e Gabriele Scotti), prende vita un film sul bodyshaming, sulla questione del peso e dell’aspetto tra adolescenti: Dolcissime.
Tre ragazze sovrappeso vengono, purtroppo come di consueto, prese in giro dai compagni di classe. Ma l’impresa più ardua è sopravvivere al proprio, di giudizio, attraverso il riflesso di uno specchio, lo sguardo di un genitore o l’impazienza di un ragazzo conosciuto su internet e ancora mai incontrato dal vivo.
L’apparenza è l’avversario più temibile con il quale confrontarsi e autentico antagonista di questo film. A tal punto che, anche posta la sfida di partecipare a una gara di nuoto sincronizzato, le “Dolcissime” non ambiscono realmente a vincerla quanto a uscirne più forti, più sicure, sconfiggendo una vergogna ingiusta.
Il film, dal chiaro intento di affrontare delicate tematiche sociali, si perde purtroppo in un vorticoso bicchiere, anzi, in una piscina d’acqua. Ed è un peccato perché c’è, nella visione leggera e ironica degli autori, più di una buona intuizione. Ad esempio, non male l’idea di avvicinare le tre protagoniste a una quarta ragazza, magrissima, un talento del nuoto sincronizzato, o le brevi ma intense sezioni oniriche.
Buono anche l’espediente di far utilizzare alle Dolcissime lo strumento del ricatto e del cyberbullismo per convincere la prima della classe ad allenarle, a significare che le piaghe sociali e social si radicano trasversalmente, non selezionano vittime e carnefici.
Proprio quando non pensa di dover dimostrare qualcosa, né sente il bisogno di far sviluppare la trama a tutti i costi in una direzione prestabilita, la pellicola incappa nei momenti di maggiore profondità: i due lati dell’adolescenza a confronto, perfezione ed esclusione, entrambe forzate, perdono i propri contorni e le proprie differenze. Le difficoltà sono le stesse e soltanto insieme si è in grado di superarle.