PHOTO
District 9
Poco meno di 30 anni fa un'enorme astronave "parcheggiava" sopra il cielo di Johannesburg. Nessun segno di vita: dalla terra fanno irruzione. Ammassati e denutriti, profughi alieni vengono portati giù e "ospitati" nel Distretto 9, all'interno di baracche provvisorie. Si riproducono velocemente, vanno matti per il cibo per gatti e agli occhi degli umani - che li chiamano gamberoni - diventano un fastidio di cui sbarazzarsi. Ci penserà, in teoria, la MNU, società interessata a far funzionare le armi aliene, attraverso l'operato di Wikus van der Merwe (Copley), chiamato a notificare lo sfratto ai non umani e poi, una volta contagiato da un virus che ne tramuta rapidamente il DNA, bersaglio numero uno della stessa azienda.
Sorprendente opera prima di Neill Blomkamp - 30enne sudafricano già autore di cortometraggi (su tutti, Alive in Joburg) e spot pubblicitari - District 9 ha il grande merito di non polverizzarsi dietro l'esplosione scatenata dalle strategie di viral e guerrilla marketing: con un fascino vagamente retrò e la metafora nemmeno poco accennata di alieni-immigrati brutti sporchi e cattivi, il film prodotto da Peter Jackson (che aveva trovato in Blomkamp il regista per portare sul grande schermo il videogame Halo, progetto poi abortito) esalta il genere e lo rilegge nell'ottica di una quotidianità (finte testimonianze, finti reportage) che non ammette più il diverso: neanche se un minuto prima era uno di noi.
Di enorme impatto, oltre alla completa "desacralizzazione cinematografica" della figura dell'extraterrestre e il recupero di suggestioni filmiche care ai cultori del genere (l'arma metallica "indossata" verso il finale del film dal protagonista non può non ricordare Robocop, non a caso già "ripreso" dallo stesso Blomkamp per uno dei suoi spot più celebri, dove per Cïtroen strizzava l'occhio anche all'universo Transformers), la scelta di ambientare e girare on location tra gli slums di Johannesburg, elemento questo tutt'altro che "decorativo" ma funzionale per mantenere viva la polverosità e la povertà di un film straordinariamente alieno.