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Disastro a Hollywood
C'era un volta la grandeur hollywoodiana, e c'è ancora: ma è Sunset Boulevard, e i tramonti sono quotidiani. Così in una settimana si consuma quello - definitivo? - di Ben (Robert De Niro), produttore à la page, due mogli alle spalle, la voglia di riconquistare la seconda (Robin Wright Penn) e una figlia che scopre Lolita di un agente suicida, che troviamo alle prese con un Bruce Willis restio a tagliarsi la barbona e Sean Penn che muore ammazzato (con cane annesso) nel film di un inglese schizzato destinato ad aprire Cannes. Ne succederanno di tutti i colori, ma senza strafare, anzi: è un mood nichilista quello che percorre Disastro a Hollywood, partorito da una delle menti più geniali - anche a mezzo servizio, e non è questo il caso - del cinema stelle & strisce: Barry "Rain Man" Levinson. Invertendo palco e quinta, ovvero portando sotto i riflettori il backstage e il retrobottega in cui sguazza da anni, Levinson fa meta-cinema e auto-critica, cercando costantemente l'effetto-notte, quello che nessuna star può illuminare del tutto. Il risultato? Una commedia (in)umana, in cui le risate hanno sempre la bocca storta e le ville sfarzose le abitano i divorzi. Hollywood Ending? Forse, ma è un buon inizio.