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Directors Factory Philippines
S’intitola Directors Factory Philippines ed è il progetto omnibus promosso dalla Quinzaine des Cinéastes nell’ambito del laboratorio di produzione inaugurato dalla sezione diretta da Julien Rejl nel 2013. Per la seconda volta dalla sua istituzione è dedicato a un paese asiatico (il primo fu Taiwan). La Factory lavora ogni anno con una nazione partner per fare da mentore a otto registi in erba nella preparazione di ambiziosi progetti di opere prime o seconde da realizzare in coppia. Le Filippine sono state selezionate a novembre. Lav Diaz è il testimonial di questa edizione.
Il film collettivo, presentato stamattina al Theatre Croisette, è stato realizzato per intero nella città storica di Dapitan, che ha contribuito ai finanziamenti insieme alla Quezon City Film Commission.
Dapitan è il filo conduttore dei 4 cortometraggi che compongono l’opera, naturalmente variegata per approccio e diseguale negli esiti.
In Cold Cut , Don Josephus Raphael Eblahan (Filippine) e Tan Siyou (Singapore) hanno lavorato esclusivamente con i talenti locali di Dapitan City. La protagonista, Joy, è una studentessa di 19 anni, che partecipa al concorso locale per giovani artisti emergenti. Mentre si prepara a superare l'audizione, un misterioso macellaio la porta verso territori nuovi. Il concetto di smarrimento creativo e liberante è al centro di questo primo episodio, che si riconnette al modello asiatico di realismo sospeso e onirico, realizzandone una buona versione.
Silig , il migliore dei quattro, è invece scritto e diretto da Arvin Belarmino (Filippine) e Lomorpich Rithy (alias YoKi, Cambogia). Questo film è interpretato da attrici veterane del calibro di Sylvia Sanchez e Angel Aquino. Angel Aquino ha recitato in molti film di Lav Diaz tra cui A Lullaby to the Sorrowful Mystery. Sylvia Sanchez è una delle attrici più note delle Filippine. Qui interpreta Mamang, una donna focosa e testarda, tornata in città dopo 20 anni di assenza per organizzare il suo funerale. Il rito cattolico prevede la sepoltura ma lei vuole essere cremata a tutti i costi. Humor nero ma anche tanta delicatezza accompagnano questa via crucis freak tutta al femminile, con alcune trovate veramente bizzarre e un finale con i kleenex a portata di mano.
Nightbirds è invece il corto meno riuscito. Maria Estela Paiso (Filippine) e Ashok Vish (India) non sono riusciti a trasformare le premesse mitiche del soggetto in un discorso estetico e narrativo compiuto. La storia riguarda Ivy, una donna oppressa dal marito, il cui gioco finirà per intervento divino del mistico uccello Tigmamanukan. Il problema è che la presenza dell’elemento sacro è resa in modo grossolano e l’indecisione del soggetto sul registro da adottare fa il resto.
Più lirico l’approccio di Eve Baswel (Filippine) e Gogularaajan Rajendran (Malesia) in Walay Balay . Protagoniste due donne, Norayda e sua figlia Yahairah, che hanno trovato conforto in una città vicina per sfuggire al conflitto di Marawi. Contano ogni giorno che li separa dal ritorno a casa. Fino all'arrivo di una lettera ufficiale. Qui l’influenza di Lav Diaz sembra evidente, e non solo nella scelta di girare in b/n. Ed è anche il motivo per cui tra i quattro è il corto meno originale.