PHOTO
Daredevil: La rinascita © MARVEL 2024, foto di Giovanni Rufino
Quella del Diavolo Custode, com’è spesso soprannominato nei fumetti Marvel, è una storia audiovisiva singolare. Prima il film del 2003 con Ben Affleck e Michael Clarke Duncan, uno scult che ha fatto il giro nel corso degli anni; poi la serie Netflix del 2015 durata tre stagioni che ha messo d’accordo pubblico e critica grazie anche ai due protagonisti Charlie Cox e Vincent D’Onofrio, oltre alla visione profondamente dark e matura del personaggio. Ora, anno 2025, un revival – il formato migliore, a metà strada tra remake/reboot e sequel - per far tornare uno dei supereroi più amati degli ultimi anni sul piccolo schermo.
Ecco, fin dalle primissime sequenze di questo Daredevil: Rinascita , si capisce in che tipo di progetto ci troviamo, dopo i vari rimaneggiamenti di sceneggiatura finita a Dario Scardapane. Il titolo strizza l’occhio alla celebre run omonima di Frank Miller e David Mazzucchelli, che già aveva ispirato la terza stagione della serie. Questa volta però ci troviamo di fronte ad una resurrezione (un termine che utilizziamo non a caso) vera e propria: lo show, infatti, deve risorgere dalle proprie ceneri per proporre ai fan qualcosa di vicino al colosso dello streaming senza per questo tradire la sua nuova casa, come parte integrante dell’MCU.


La fotografia che gioca coi chiaroscuri, la regia dinamica che non utilizza inquadrature prevedibili per le scene action, il montaggio sia visivo che sonoro che gioca con le abilità del protagonista per farci vivere il mondo attraverso i suoi quattro sensi rimasti. Tutto questo richiama fortemente ciò che ha fatto il successo della serie precedente, visione imprescindibile se si vuole addentrarsi in questo sequel-non-sequel, altrimenti si rischia di perdere tutte le sfumature del racconto. Eppure, le linee più morbide del costume del personaggio titolare, più vicino alle tute che hanno reso celebre il Marvel Cinematic Universe che alla composizione rustica del passato, e le inquadrature più dolci ci mostrano una serie più orientata verso la Casa di Topolino. Il che non è necessariamente un male.
Eppure, non abbiate timore, perché l’incredibile sequenza iniziale – un vero e proprio prologo – propone sì una doppia identità ma mette anche subito le cose in chiaro: in questo Daredevil: Rinascita non si scherza. Si tratta di un risveglio per tutti i personaggi coinvolti. In primis ovviamente quelli di Charlie Cox e Vincent D’Onofrio, che oramai vestono i panni di Matt Murdock e Wilson Fisk come fossero una seconda pelle. Tutti sono visibilmente invecchiati – qualche anno e una pandemia nel mezzo ci sono stati per tutti, oltre ad un blip di cinque anni – ma l’emozione di rivederli insieme è innegabile. Non manca nessuno all’appello, nemmeno coloro che prendono l’eredità da altri personaggi, senza nessun effetto nostalgia ma più un pretesto per guardare avanti.


New York e il quartiere di Hell’s Kitchen sono sempre stati un po’ come Gotham City: una cloaca piena di corruzione che il protagonista vorrebbe bonificare e ripulire, un’istituzione doppiogiochista alla volta, mentre dall’altra parte della barricata il bisogno di controllo del potere sembra non conoscere sazietà. Nemmeno nel discorso politico che il “nuovo” Kingpin porta con sé; come la comunicazione più furba può distorcere la narrazione e rigirarla dalla propria parte.
Ora bisogna vedere dove porterà questa nuova storia di oscurità e redenzione, perché la religione è sempre stato un elemento cardine nella vita (e nella “morte”) di questo supereroe. È nelle intercapedini che si è sempre mossa la serie Netflix e quindi questo Daredevi per “rinascere” davvero dovrà trovare le sfaccettature giuste per non raccontarla in bianco e nero. In fondo ciò che non ti uccide, ti fortifica e che chi non muore, si rivede. Colorato di rosso.