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Un Robert Pattinson con dente d’oro, chitarra, cappello da cowboy e piccolo pony da accompagnamento è il protagonista di Damsel dei fratelli David e Nathan Zellner, presentato in concorso nella seconda giornata di Berlinale. In questo Western dei texani Zellner molto è possibile, purtroppo senza svilupparsi in una storia convincente. L’amara, tetra ironia della prima mezzora ha i colori di Aspettado Godot, grazie a un grande, ispirato Robert frost nei panni di un prete che forse prete non è.
Mia Wasikowska è l’oggetto del desiderio di Samuel (Robert Pattinson), che parte alla conquista dell’amata rapita da un bandito in compagnia del prete. Un classico plot da grande classico western cucito insieme dall’ironia, ma troppo carico di citazioni. Cacciatori di pellicce, il principiante innamorato e poco abile con la pistola, i saloon, il fuoco sotto le stelle, punte di lancia indiane trovate lungo il viaggio e lady strette in corsetti di pizzo. Agli Zellner purtroppo non riesce di sostenere un inizio promettente. La loro passione per i classici di Hollywood non sono riusciti a trasformarla in qualcosa di genuinamente originale.
In tante, troppe scene si intravede il Jim Jarmusch di Dead Man. Ma anche l’influenza narrativa del veterano del cinema indipendente americano perde pezzi lungo il racconto; pezzi di poesia, ironia, tensione, illusione. Robert Pattinson è un bravissimo Samuel Alabaster, vanitoso e innamorato, autoironico e comico. Con questa interpretazione l’attore inglese ha fatto un altro passo fuori dall’ombra della saga Twilight, verso la maturazione di un talento indiscusso. Mia Masikowska è convincente e toccante. Ma sembra recitare fuori contesto. Damsel è a tratti bislacco e ironico, ma non bastano il grottesco, dettagli di ironia tagliente e colpi di scena ben costruiti per fare un omaggio convincente al genere cui attinge a piene mani.