Tra la fine degli anni 90 e l'inizio del nuovo millennio i Noir Désir raggiungono l'apice del loro successo. Il frontman della band alt-rock francese è Bertrand Cantat, leader carismatico non solo sul palco ma anche per la consuetudine di prendere posizioni nette su tematiche sociali e politiche. Nel 2003 però, a Vilnius, in Lituania, quello che allora viene vergognosamente dipinto come un "incidente" fa balzare il nome di Cantat agli onori della cronaca peggiore, quella nera.

Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat, disponibile in 3 episodi su Netflix, riporta a galla quella tragedia, mescolando immagini d'archivio, le successive udienze al fatto, testimonianze esclusive e interviste realizzate ad hoc (tra queste alle giornaliste Michelle Fines e Anne-Sophie Jahn, oltre all'attrice e cantante Lio): nella notte tra il 26 e il 27 luglio, al culmine di una violenta lite, Cantat lascia in fin di vita la compagna, l'attrice Marie Trintignant, che solamente all'alba viene portata in ospedale, in coma. A nulla serviranno i due interventi chirurgici per tentare di ridurre l'edema cerebrale, la donna muore qualche giorno dopo, l'1 agosto.

Marie Trintignant in un fotogramma di Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat - © Martine Peccoux. All rights reserved 2025 _ Bridgeman Images
Marie Trintignant in un fotogramma di Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat - © Martine Peccoux. All rights reserved 2025 _ Bridgeman Images

Marie Trintignant in un fotogramma di Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat - © Martine Peccoux. All rights reserved 2025 _ Bridgeman Images

Cantat è condannato da un tribunale lituano a 8 anni di reclusione, viene rilasciato in libertà condizionale nel 2007, quattro anni dopo. Da quel momento riallaccia i rapporti con l'ex moglie, nonché madre dei suoi due figli, Krisztina Rády. Nel 2010 la donna muore suicida, impiccata, nella sua casa di Bordeaux, mentre Cantat dormiva.

Rispetto a molte docuserie che negli ultimi tempi hanno popolato la piattaforma, riportando a galla i crimini più efferati, Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat offre più di uno spunto per una riflessione di non poco conto: sono passati poco più di 20 anni da quello che oggi, a tutti gli effetti, non faremmo fatica a definire un brutale femminicidio, eppure allora (e attenzione, stiamo parlando "solamente" del 2003, non di un secolo fa) sin da subito si stabilì un meccanismo - mediatico, giudiziario - teso a ridurre la questione attraverso i canonici parametri del patriarcato più bieco: "delitto passionale", "lei era isterica", "litigio finito male", dapprima prendendo per buona l'istanza difensiva dell'omicida, Cantat, che raccontava di averla sì schiaffeggiata ma che poi lei batté la testa sul termosifone cadendo dopo una "semplice" spinta, poi all'indomani dell'autopsia che svelò ben altro scenario (i colpi che subì furono di violenza indicibile, aveva il naso fracassato, il viso tumefatto e l'edema cerebrale era causato dalle percosse, non dalla caduta) la condanna si formalizzò come "omicidio volontario".

Come detto, degli iniziali 8 anni di pena Cantat ne sconta solamente 4, anche grazie alla “condotta impeccabile” in carcere: sul dopo, su quello che accade una volta fuori in libertà condizionale, torneremo più avanti.

Diviso in 3 episodi – “Incidente?”, “Passione letale?”, “La maledizione Cantat?” – il format non si limita a riepilogare la cronaca (anche nel dettaglio) di quel fatto atroce e di quei giorni neri, preoccupandosi anche di restituire le sfumature di un contesto più ampio: uniti da un legame morboso (lei era a Vilnius per le riprese del telefilm Colette, une femme libre, diretto dalla mamma Nadine, lui la raggiunse lì rimanendo per due mesi...), lei già madre di 4 figli avuti da 3 compagni differenti, lui che lascia la moglie Krisztina Rády qualche giorno dopo la nascita della loro seconda figlia, da qui ad immaginare quale tragico epilogo avrà la loro relazione (la miccia del litigio fu un sms ricevuto dalla Trintignant da parte dell’ex marito Samuel Benchetrit, regista con cui aveva da poco ultimato la realizzazione di Janis & John), solamente un anno dopo, neanche il più dotato degli indovini. 

Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat - ©TV Media Pro
Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat - ©TV Media Pro

Da rockstar ad assassino - Il caso Cantat - ©TV Media Pro

L’opinione pubblica si divide, i fan più sfegatati della band e di Cantat non possono, non riescono ad ammettere che il loro beniamino, nonché “modello etico”, possa essere un simile mostro, sarà stato sicuramente un “incidente”, dimenticando forse che “ogni uomo, lontano dal palco, dalla cattedra, dalla rappresentazione di se stesso è, spesso, quasi sempre patetico. Il privato è la soglia della credibilità umana. Oltre, se non l’abisso, qualche pozzanghera” (scriveva Gabriele Romagnoli il 5 agosto 2003 a proposito dell’omicidio): ecco, Da rockstar ad assassino riesce ben a insinuarsi dietro le pieghe di una maschera che, anni dopo, rimessa in libertà, con buona probabilità nel “privato” ha continuato ad essere quella della notte di Vilnius: nel 2010, come detto, l’ex moglie Krisztina Rády viene trovata impiccata dal figlio 12enne, Cantat che ormai da tempo si era ristabilito da lei (guarda caso dopo che la donna aveva iniziato una nuova relazione, ed era felice) non si è accorto di nulla, dormiva.

Questa volta non l’ha uccisa lui, c’è anche una lunga lettera d’addio firmata dalla Rády. Tre anni più tardi, però, la procura di Bordeaux riapre le indagini. Al vaglio le registrazioni dei messaggi in lingua ungherese lasciati in segreteria telefonica da Krisztina ai genitori, in cui riferiva che prima o poi sarebbe morta, che Bertrand era pazzo, che veniva malmenata quotidianamente: “Non luogo a procedere”. Questa seconda morte segnò anche il definitivo scioglimento dei Noir Désir, il primo a lasciare è Serge Tayssot-Gay, “per incompatibilità umane e musicali con Bertrand Cantat”: Le vent nous portera