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Reese Witherspoon e Ashton Kutcher in Da me o da te. © 2022 Netflix, Inc.
Da me o da te? Sicuramente su Netflix, ormai casa madre delle rom-com più tradizionali, perché gira che ti rigira in fondo sempre là torniamo: lui ama lei, lei ama lui, lo sanno tutti tranne loro, vediamo come e quando se ne accorgono. Più che un classico, uno standard. Rassicurante, rincuorante, innocuo. Anche troppo.
Un tempo avremmo detto che quello di Aline Brosh McKenna (esordiente alla regia, sceneggiatrice di Il diavolo veste Prada, Il buongiorno del mattino, Ma come fa a far tutto?, la serie Crazy Ex-Girlfriend) è un film da sabato sera, per coppie innamorate o single romantici, e non a caso la piattaforma l’ha lanciato per il weekend di San Valentino (arrivando primo in classifica, ça va sans dire).
Se c’è una differenza col passato, è l’età media dei due protagonisti, più alta che nella golden age del genere: in campo ci sono due ultraquarantenni e, va detto, che Reese Witherspoon possa ancora essere l’eroina di una storia del genere è una vittoria, perché appena venti anni fa, per un mero dato anagrafico, sarebbe stata relegata a comprimaria senza diritto a una vita erotica e/o sentimentale.
Lo star power dell’attrice (il suo nome si legge prima di quello del partner maschile: il potere contrattuale è tutto lì) si vede proprio nella volontà di impersonare una madre single che cresce il figlio tredicenne problematico, ambisce a uno scatto di carriera e asseconda le gioie di un flirt. Così come è indicativo osservare come Ashton Kutcher, un attore che per emanciparsi dall’immagine di sex symbol poco capace si è completamente votato alla commedia televisiva (Due uomini e mezzo dopo Charlie Scheen e The Ranch, la sit-com red-state di Netflix), scelga di rappresentarsi come un maschio in crisi, licenziato da un lavoro prestigioso e stanco di accumulare donne su donne.
I due interpretano due migliori amici, che dopo aver avuto una notte di passione vent’anni prima hanno trovato un equilibrio (spoiler: non è vero) sentendosi regolarmente dato che lei è rimasta a Los Angeles e lui è andato a New York, ufficialmente per seguire la carriera e sfuggire ai terremoti ma in realtà perché turbato dalla gravidanza dell’amica. Le cose cambiano quando devono scambiarsi le case per una settimana (Da me o da te, appunto): il finale possiamo immaginarlo. All’inizio lo schema superficiale è quello de Il letto racconta…, con lo schermo scisso, i protagonisti che parlano al telefono o in videochiamata, e – no spoiler – l’incontro in carne e ossa tra i due avviene solo nelle battute finali del film.
Da una parte è un vantaggio, dall’altra un problema. Perché, è inutile negarlo, tra Witherspoon e Kutcher non c’è chimica, non si crede un momento alla possibilità che tra i due possa esserci qualcosa che non sia ciò che viene annunciato nell’incipit (l’amore è quella cosa che accade quando pensi ad altro etc). E la cosa è ancora più evidente dal momento che lei trova subito un asse con Jesse Williams, il partner newyorkese, che si regge su un evidente desiderio reciproco, e lui sembra davvero a suo agio nelle dinamiche mentore/allievo (leggi: padre/figlio) con l’adolescente Wesley Kimmel.
Poi, per carità, la commedia funziona, la leggerezza non manca, il suo lo fa senza danni. Però un sospetto c’è: non è che questi due personaggi non stanno insieme perché ci sono due interpreti che non stanno bene insieme?