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Lo straordinario incipit di Curtiz, opera prima dello svizzero-ungherese Tamas Yvan Topolánszky, farà le gioie degli appassionati delle “Hollywood Story”, quel filone in cui scopriamo il dietro le quinte di grandi classici o il privato delle star.
All’inizio di Curtiz, dicevamo, Jack Warner discute con Hal B. Wallis sulla trasposizione cinematografica dello spettacolo Everybody Comes to Rick’s: la storia del proprietario di un bar, frequentato da rifugiati e militari, che aiuta un combattente della resistenza legato alla donna che ama.
Gli Stati Uniti sono appena entrati in guerra e Wallis ha le idee chiare: “La gente non vuole pensare alla guerra”. Ma il governo, attraverso un arcigno funzionario incaricato di seguire l’operazione, si è già mosso con il potente Warner. Hollywood deve impegnarsi a produrre un cinema di propaganda anti-nazista.
Wallis vorrebbe concentrare l’adattamento sul tormento di una donna che “deve scegliere tra il cuore e la testa”. Warner pretende solo una cosa: “Lo voglio martedì!”. I tre apportano qualche modifica, cambiano il titolo, delegano la riscrittura agli Epstein: l’abbiamo capito, il film in questione è Casablanca.
A chi assegnare la regia? Wallis fa il nome di Michael Curtiz, uno che “praticamente mangia e caga film” (è al diciottesimo lavoro in cinque anni…). Warner è contrario perché il fumatino director è noto per non rispettare i tempi di consegna. Dopo questo momento iniziale, mirabile per precisione della scrittura e eleganza della messinscena, partono gli splendidi titoli di testa di Curtiz ed è sempre più raro vederne di così raffinati in un film e non in una serie.
Sostenuto dal folgorante bianco e nero di Zoltán Dévényi (con improvvisi virate scarlatte e un unico fascio di luce a dare calore alla filologica resa estetica), Topolánszky mantiene le promesse dell’inizio e si focalizza sul ritratto dell’antieroe titolare. Bulimico e tormentato, carismatico e testardo: “Ha talento ma tutti i soldi li spende tra donne e alcool”, dicono di lui.
Ferenc Lengyel è strepitoso nel calibrare i furori e i dolori di un emigrato ungherese dominato dall’ambizione di diventare il più grande e disperatamente alla ricerca di un finale per Casablanca. “Nessun film ha cambiato il corso della storia: ma ci puoi provare”, lo sprona qualcuno.