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Cuccioli
La speranza è che lo buona stella del cartoon – l'anno scorso re del box office - continui a brillare. Nessun confronto coi grandi competitor internazionali né con la tradizione di Bozzetto. A venire fuori dal guscio sono gli emuli di Iginio Straffi, attratti da opulenti sogni rotoscopici.
Con Cuccioli l'animazione italiana batte un colpo ancora e spera nel botto. Al posto del padre delle Winx Sergio Manfio, invece che la Rainbow il Gruppo Alcuni. Ma la filosofia è la stessa: unire merchandising e creatività, digitale e disegno, confidando che il successo televisivo tracimi in sala. Nel merito però, Cuccioli non vale un ciuffo delle Winx e il suo transito sul grande schermo amplia il formato ma non gli orizzonti. Decisamente modesti.
Problema soprattutto ideativo se il "balzo" non investe neppure il racconto, che scambia il fine coi mezzi: volendo piacere all'infanzia finisce per essere troppo infantile. 26 mesi di lavorazione sono francamente troppi per un prodotto che resta a tutti gli effetti un audiolibro interattivo, strozzato nel ritmo e infarcito di product placement.
Resta la simpatia di alcuni personaggi (il pulcino su tutti) e un spot efficace per Venezia. Da vietare comunque agli adulti.