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Crazy
Nascere il giorno di Natale non è una grande fortuna. Innanzitutto perché non se ne ricorda nessuno, e poi perché i regali, fatalmente, si dimezzano di numero. Questo è almeno quanto sostiene Zachary Beaulieu, nato il 25 dicembre del 1960 in una famiglia di cinque maschi, dalle cui iniziali dei nomi il titolo del film diretto da Jean-Marc Vallée. Ma Zachary, Zac, non è un ragazzo come tutti gli altri. Anche perché rischia di morire nel momento stesso di venire alla luce. Questo gli conferisce dei poteri da guaritore, anche se al massimo riesce a guarire scottature e mal di testa. Ma soprattutto, insieme a una ciocca bionda di capelli, gli dà la sensazione di dover guarire da qualche cosa, che nemmeno lui sa bene cosa sia. Forse la pipì a letto, forse l'identità sessuale a lungo soffocata per compiacere il padre. Quella della famiglia canadese è quasi una saga, talmente tanti sono i rivoli in cui si disperdono le storie dei protagonisti. Ma questo non è necessariamente un difetto, perché nell'arco dei quaranta anni in cui si snoda, la figura di Zac tiene saldamente in pugno la narrazione. La quale si giova non poco di una splendida e generosa colonna sonora dove i Pink Floyd la fanno da padrone insieme al meglio degli anni sessanta e settanta, con David Bowie che suggerisce le prime innocenti ambiguità del protagonista. Un capitolo a parte merita la splendida voce di Patsy Cline, vero mito del padre Gervais. Il quale, pur infliggendo ad ogni festa comandata la sua versione della aznavouriana Emmene-moi au bout de la terre, è un fanatico collezionista di preziosi vinili della suddetta cantante. E indovinate come si intitola la sua canzone più gettonata? Facile, proprio Crazy, che durante l'arco delle due ore ricorre più e più volte senza mai annoiare. Non mancano nel film alcune furbizie e alcune forzature, come il viaggio mistico a Gerusalemme del protagonista, ma alla fine tutto si perdona. Perché i cinque fratelli protagonisti sono davvero simpatici, come pure i genitori interpretati da Michel Còté e Danielle Prouix. Il mattatore rimane tuttavia il giovane Marc-André Grondin, capace di percorrere il tragitto del suo personaggio dall'adolescenza fino ai quaranta anni. Interessante l'ambientazione e la scenografia domestica. Tra i molti richiami agli anni sessanta e settanta spiccano i poster di Bruce Lee e Jim Morrison. Non mancano le droghe ovviamente, anzi. In tutto ciò, però, ciò di cui abbiamo sentito la nostalgia noi quasi coetanei del protagonista, sono stati i magnifici Ray Ban che, appena possibile, andremo a ripristinare.