PHOTO
Coupez! - Image Credit Lisa Ritaine
Il cinema, che ossessione. Per Michel Hazanivicius è forse qualcosa di più. Lo dimostra la sua filmografia, variegata e irregolare quanto si vuole, ma agganciata ad un unico filo che è appunto quello dell’amore per la settima arte.
Nel 2011 il regista francese stupì dapprima Cannes e poi il mondo intero con The Artist (cinque premi Oscar), oggi a undici anni di distanza torna sulla Croisette – dopo il temibile The Search (2014) e Il mio Godard (2017), entrambi in gara – per aprire la 75ma edizione, Fuori concorso, con Coupez!, titolo modificato in fretta e furia rispetto all’originale Z (comme Z), su esplicita richiesta dell’istituto ucraino della cultura visto il rimando (ovviamente del tutto casuale) alla lettera simbolo della propaganda russa utilizzata durante l’invasione nei territori ucraini.
Remake del giapponese Zombie contro zombie - One Cut of the Dead, il film diretto dal regista del Principe dimenticato (guarda caso, anche lì commedia dove un papà per addormentare la figlia racconta fiabe ambientate a “Storyland”, un set cinematografico dove si trasforma in un Principe Azzurro…) è un divertissement scatenato e scanzonato, di fatto un altro atto d’amore nei confronti del (fare) cinema che è il rovescio della medaglia del già citato The Artist.
Se allora – con estrema classe e furbizia – si riportavano in auge i fasti del cinema muto, in bianco e nero e nel formato 1,33:1, stavolta si “celebra” il sottobosco del cinema horror di serie Z (per l’appunto), con un meccanismo narrativo a suo modo sorprendente.
Sì, perché dapprima ci troviamo immersi sul set di questo film dove il regista (Romain Duris, sempre bravissimo) implora la verità nella recitazione dei suoi interpreti, ossessione che lo porta a ridare vita ad una maledizione che trasformerà quel film di zombie in uno zombie reality, per poi ritornare ai mesi antecedenti, all’ingaggio per realizzare questo film-esperimento, alla composizione della troupe e del cast, alle dinamiche “produttive” e via dicendo per poi ritrovarsi, di nuovo, da dove eravamo partiti.
È in questo loop che dapprima mostra il davanti e poi il dietro le quinte, nell’estremo tentativo di combinare il cinema alla fruizione “on air” dello stesso, che Coupez! dà il meglio di sé, tra fonici colpiti da diarrea, attori alcolizzati che decidono di interrompere il periodo di sobrietà nel momento meno opportuno, mogli che avevano abbandonato la recitazione per problemi di natura psicologica ma che ora, giocoforza, sono state costrette a tornare sul set (l’onnipresente Bérénice Bejo nel cinema del marito Hazanavicius).
Un profluvio di schifezze, arti e teste mozzate, accette e vomito, l’elogio della creatività e del caos, che da un punto di vista “tecnico” poco aggiungerà al film originale del 2017, ma che sa regalare momenti di ilarità contagiosa.
Con un finale che da una parte esalta la difficilissima arte del ritrovarsi in equilibrio precario quando si tratta di realizzare qualcosa in team (il cinema, guarda caso…), dall’altra intenerisce con un rimando di amore paterno verso un’immagine che si credeva solo propria, ma che in realtà viveva quotidianamente nel cuore della tua erede, figlia e aspirante regista (interpretata da Simone Hazanavicius, figlia di Michel). Perché sì, il cinema è anche, e soprattutto, una questione di famiglia.