PHOTO
Correndo con le forbici
in mano
Cineromanzo di deformazione. Alzando il tiro potremmo chiosare così Correndo con le forbici in mano, adattamento cinematografico dell'instant cult (Alet Edizioni) di Augusten Burroughs, ritratto in interni (psichici e psicologici) dell'infanzia dell'autore. Nel passaggio dalla pagina allo schermo molto è andato perduto: non vi è traccia nella regia di Ryan Murphy (creatore del serial tv Nip & Tuck, e qui anche sceneggiatore e produttore) dello stile idiosincratico di Burroughs, borderline e debordante, apatico e rutilante, come pochi sono i residui della struttura narrativa originale, che accostava frammenti ed eventi in un puzzle rapsodico. Che rimane dunque dei dolori del giovane Augusten, ben interpretato da Joseph Cross? In primis, a reggere sono gli attori: Alec Baldwin è il padre alcolizzato, la straordinaria Annette Bening - che bel ritorno! - è la madre bipolare, poetessa inedita afflitta da deliri di onnipotenza, e ancora Gwyneth Paltrow, Joseph Fiennes, Evan Rachel Wood e Brian Cox, lo psichiatra che dopo il divorzio dei genitori accoglie Augusten nella propria casa porto di mare (tutta rosa…). Una casa da mille meraviglie e un orrore, dove la carcassa del tacchino del Ringraziamento rimane sul televisore per sei mesi, e l'albero di Natale non si muove dal salotto tutto l'anno: l'esistenza di Augusten diviene sopravvivenza, ma quanta speranza e joie de vivre, nonostante tutto… Per bipolari e amanti della (baby)comédie humaine.