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Polonia, oggi. Per il suo lavoro nella polizia, Janusz è abituato ad analizzare le scene dei crimini nei minimi dettagli. Anche quando la decenza sconsiglierebbe di restare a guardare. Per questo l'uomo si è costruito un carattere ostile e scontroso, indurito dalla recente morte della moglie, reso più aspro dalla vicinanza della figlia Olga, non ancor ripresasi dalla perdita della mamma e affetta da anoressia. Dopo qualche incertezza, Janusz decide di mettere Olga in cura nella clinica in cui lavora Anna, una psicologa che vive isolata nel proprio appartamento dove si dedica a sedute spiritiche e dice di comunicare con i morti...
Nata Cracovia nel 1973, affermatasi a livello internazionale con Elles (2011 con Juliette Binoche e Anais Demoustier), Malgorzata Szumovska chiarisce: "Volevo fare un film sull'anoressia(...) Dopo, la trama incentrata sul personaggio di Olga e l'idea che un corpo ha molti significati diversi mi hanno indotto a concentrare la storia sull'idea che il corpo (fisico, astrale, morto) potrebbe essere trattato come un oggetto, adorato e odiato. Quindi la storia è emersa dal materiale che il corpo è".
All’inizio un po' oscuro, più avanti il copione riesce a fare chiarezza e a mettere di fronte il personaggio pragmatico e solitario del padre e il muro di incomunicabilità contro cui sbatte la figlia. Tra loro si colloca Anna, che dice di parlare con i morti e si affida a sedute spiritiche. Dietro il ritratto di una società polacca ancora spaccata tra antichità e modernità, tra realismo e spiritualismo, tra ragione e sterili supposizioni c'è forse l'idea di una non ancora chiarita confusione storico-sociale. L'ideologia sembra ormai alle spalle sostituita da un forte conflitto tra vita e morte, tra l'idea certa del vivere e l'incertezza del vacuo sopravvivere.
"Pratico yoga da un paio di anni - precisa ancora l'autrice - l'elemento successivo della cultura post cattolica in Polonia!". Regnano dunque indecisione e qualche superficialità. Che trovano riscontro in uno sviluppo narrativo che alterna intensità ed eccessiva enigmaticità. Il racconto però si apre ad un finale di reciproca comprensione e a un sorriso tra padre e figlia, forse preludio ad un nuovo scambio di fiducia. Film coraggioso, aspro, di asciutto lirismo, ben interpretato nei tre ruoli principali da Janusz Gajos/Janusz; Maja Ostaszewska/Anna e Justyna Suwala/Olga, e premiato con l’Orso d’argento per la migliore regia a Berlino 2015.