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Come pietra paziente
Dintorni di Kabul, i combattimenti infuriano, una giovane donna (Golshifteh Farahani) accudisce il marito, eroe di guerra in coma. Esplosioni fuori casa e dentro l'anima, l'uomo privo di conoscenza e contro la sua volontà diventa la syngué sabour, la pietra paziente della donna, cui confidare i propri segreti, dolori, ansie e speranze: finché non va in mille pezzi…
Dal suo romanzo Pietra di pazienza (Einaudi), l'afgano trapiantato in Francia Atiq Rahimi firma l'opera seconda Come pietra paziente, un Kammerspiel che mette il dito nella piaga della condizione femminile nel suo paese natale, e non solo, parlando di corpo e prostituzione, liberazione sessuale e diritti civili, uomo e donna, Donna e Uomo. Un piccolo film dall'alto potenziale: permeabile alla noia, ma ancor più alla riflessione, con il monologo della protagonista da mettere in dialogo con le nostre coscienze.
Bandita dall'Iran per una foto di nudo, Golshifteh Farahani è brava e bella, ma difetta di empatia, finendo per concedere un po' di “simpatia” al marito tanto assente quanto padrone: danno collaterale o estremo sacrificio? Allo spettatore la sentenza, ma il titolo è fedele: ci vuole pazienza, ma è una pietra (abbastanza) preziosa.