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Class Enemy
In un liceo sloveno arriva un nuovo professore di tedesco, chiamato a sostituire un'insegnante prossima al parto. Molto presto il severo metodo d'insegnamento del docente genera un clima di tensione, che si trasforma in un conflitto vero e proprio quando una ragazza si suicida, apparentemente senza motivo. Il resto della classe accuserà il professore di essere il colpevole.Dove sta la vera forza di Class Enemy, intensa opera prima di Rok Biček? Il giovanissimo regista (classe 1985) potrebbe essersi ispirato a diversi altri autori (forse Michael Haneke? Forse Yorgos Lanthimos?) e a diverse altre pellicole che trattano simili tematiche (da La classe di Laurent Cantet, del 2008, a Confessions di Tetsuya Nakashima e Monsieur Lazhar di Philippe Falardeau, del 2011, soltanto per citare tre titoli recenti), ma è riuscito comunque a creare un prodotto toccante, profondo e persino originale.Presentato (con successo) alla Settimana della Critica della Mostra di Venezia 2013, Class Enemy ricorda una partita a scacchi, dove a sfidarsi sono gli alunni e il professore.L'ambiente scolastico viene mostrato come un terreno di battaglia (evidente la metafora socio-culturale messa in campo), dove tutti possono sfogare le proprie repressioni: l'istituto è un micro-cosmo, o persino un “non-luogo”, in cui paure e responsabilità legate al mondo esterno entrano soltanto in piccola parte. La ribellione giovanile si oppone così a una vetusta disciplina, la libertà al potere e lo scontro (anche generazionale) cresce sempre di più col passare dei minuti.L'efficacia del lavoro (seppur imperfetto) di Biček sta nel non accontentarsi di un buon soggetto, ma nel cercare di svilupparlo al meglio, con coraggio e con ottima consapevolezza del mezzo tecnico a propria disposizione (il regista ha iniziato la sua carriera come montatore). Indubbiamente un talento, anche per quanto riguarda la direzione degli attori, da tenere in grande considerazione per il futuro.