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La forza della giovinezza e della macchina da presa hanno infiammato gli anni Sessanta in Brasile. Dal neorealismo e dalla Nouvelle Vague, è nato il Cinema Novo, un movimento che cercava un’estetica innovativa per raccontare il Paese. I suoi padri furono Glauber Rocha, Nelson Pereira dos Santos e Joaquim Pedro de Andrade, a cui si aggiunsero molti altri registi, sull’onda di uno spirito rivoluzionario e della necessità di fotografare i drammi della gente comune, degli operai e di chi viveva ai margini estremi della società.
Eryk Rocha, il figlio di Glauber, trasporta lo spettatore in un’altra epoca, quando la bandiera verde-oro faceva ancora parte del Terzo Mondo. Le immagini in bianco e nero fanno rivivere un tempo non così lontano, dove la finzione si fondeva col documentario e si sentivano forti le influenze di Rossellini e Ejzenstejn.
Le sequenze di Cinque volte la favela e Garricha, per citarne solo alcuni, abbracciano le interviste ai protagonisti, in un Cinema Novo realistico e visionario, un documentario che non si nutre solo di nostalgia e sottolinea una fase cruciale dell’intera storia del cinema. In Italia, Rocha e i suoi compagni furono scoperti dai critici dell’ultima generazione. È un peccato che ai giovani di oggi quel cinema sia così poco famigliare.