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Cinderella Man
Solo chi cade può risorgere: un monito e insieme una speranza che da sempre alimentano il sogno americano. Non si sottrae Ron Howard, che con Cinderella Man eleva la vera storia del pugile Jim Braddock a metafora del successo ottenuto a costo di grandi sacrifici e fedeltà ai propri ideali. Metafora doppia, se si considera che la Cenerentola del ring ebbe il suo momento di gloria durante gli anni bui della Depressione, quando per chiunque era difficile mettere insieme il pranzo con la cena. Anche l'America di oggi ha poco da stare allegra sul fronte dell'economia e quindi, devono aver pensato i produttori, non potrà che far bene mostrare ancora una volta che dalla crisi, finanziaria o personale che sia, si può in ogni momento uscire. E in effetti a vedere il forzuto Braddock che digiuno da giorni sale sul quadrato e stende il vicecampione del mondo, viene da pensare che non vi sia nulla di più facile che superare sconfitte e frustrazioni. Peccato che sul tutto aleggi una nuvola di falso che finisce per vanificare qualsiasi nobile intento. L'epoca della Depressione è mal ricostruita, gli ambienti neanche lontanamente realistici, gli abiti di Renée Zellweger così puliti belli e perfetti che si è presi dalla curiosità di sapere quale stilista li abbia firmati. Si potrà obbiettare che i registi hanno il diritto di prendersi delle libertà, ma allora perché tanto crudo realismo nelle immagini - queste sì straordinarie - degli incontri di pugilato? Howard ci aveva abituato a film migliori, anche se a giudicare dagli applausi con i quali è stato accolto Cinderella Man non faticherà di sicuro a scalare le vette degli incassi. In tanta piattezza brilla tuttavia la stella di Russell Crowe, attore versatile che dimostra di poter aderire con convinzione, sensibilità e umiltà a qualsiasi personaggio. La sua è un'ennesima prova di classe, che purtroppo non basta a far dimenticare la melensaggine della Zellweger, tutta mossette e bocca a cuore. Un'occasione sprecata perché la vicenda di Braddock, campione del mondo amato e sostenuto dai tanti operai senza lavoro né speranze che lo avevano eletto a paladino, avrebbe potuto essere raccontata evitando gli stereotipi. A meno che non fosse proprio questo l'intento, cioè mostrare una vicenda esemplare depurata di ogni durezza. Non sia mai che l'american dream si trasformi in nightmare.