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Red Amnesia
Pechino. Vedova in pensione, caparbia e ostinata, Deng (Lü Zhong) trascorre le sue giornate prendendosi cura della madre, ospite di una casa di riposo, e dei due figli, ormai grandi e ognuno con la propria vita. Che provano in ogni modo ad alleggerirla dalle fatiche quotidiane, ma Deng non ne vuole sapere. A costo di compromettere il già delicato rapporto con la nuora, per non parlare della dichiarata difficoltà ad accettare le scelte di vita del secondogenito. Ogni giorno, poi, Deng riceve telefonate anonime e silenziose, che poco a poco si trasformano in un vero e proprio fenomeno di stalking. Da dove arrivano? E, soprattutto, perché qualcuno dovrebbe avercela con lei?...
Per la prima volta a Venezia (e in Concorso), Wang Xiao-shuai (Le biciclette di Pechino) sorprende con un film che riesce a mutare la propria pelle più e più volte: sorretto dall'incredibile interpretazione di Lü Zhong (sicura Coppa Volpi femminile se il film non otterrà qualche premio più importante), Red Amnesia - titolo internazionale dal simbolismo inequivocabile, mentre l'originale Chuangru zhe significa, letteralmente, Gli intrusi - porta progressivamente in superficie i fantasmi di un paese che ancora non ha risolto questioni aperte con le ombre della propria storia.
Senza cedere a semplicità descrittive, il regista ci porta dapprima nella quotidianità di una donna verso cui non per forza di cose siamo chiamati a simpatizzare, chiusa in un universo che non riesce a smettere di tenere sotto controllo e che, ogni sera, a cena, ricorda di mettere una scodella al posto dove sedeva il defunto marito. Parla con lui, tenendo in questo modo viva la presenza di chi non c'è più. Ed è già da questo piccolo rituale che incominciamo a comprendere quanto, andando avanti, saranno gli "assenti" a entrare prepotentemente nella vita di Deng e, di conseguenza, nel film. Che solo in apparenza si sviluppa come un ghost-movie, sempre sul filo di una linguistica narrativa prossima al thriller, disorientando tanto i personaggi quanto lo spettatore: la figura ricorrente che sembra insinuarsi nelle giornate di Deng è reale? O rappresenta la proiezione di qualcosa di irrisolto nell'esistenza della donna?
Risolvendo al meglio, e in maniera assolutamente credibile, ogni dubbio sollevato nel corso del racconto (per capirci, senza rifugiarsi in alcun modo nei banali lidi del mistery psicologico), a Wang basta inserire un dialogo tra i due fratelli, una rivelazione, per riportarci ai tempi della Rivoluzione Culturale, per alzare il sipario su un altro (?) film, per condurre Deng alla presa di coscienza definitiva. Al faccia a faccia con i propri demoni. Luoghi remoti, solamente accennati ad inizio film, acquistano ora un significato, l'intero sottile equilibrio su cui il regista aveva costruito il racconto trova fondamenta inattaccabili, il percorso emotivo della protagonista si dirige verso binari più definiti. Il ricordo viene liberato, e con lui la difficile, affannosa corsa verso la redenzione. Indimenticabile.