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La lotta contro la depressione, una lotta vana. La brama, tutta americana ma non solo, per the next big thing. Il cortocircuito tra scena e osceno. La dittatura degli ascolti, dello share. La definizione di empatia. Il male oscuro che può essere non il cancro, ma la vita stessa. Sono solo alcune delle suggestioni innescate da Christine, potente e complessa opera terza dell’americano Antonio Campos, che già folgorò con l’esordio Afterschool a Un Certain Regard di Cannes 2008.
Suicidio in diretta: Christine è ispirato a una storia vera e tragica, quella della giornalista americana Christine Chubbuck che non ancora 30enne si suicidò in diretta negli studi televisivi della WTOG, emittente della Florida, il 15 luglio 1974. Un inedito, di cui la Chubbuck era la prima a essere consapevole. Devastante.
A renderla tra difficoltà professionali, relazionali e, ovvio, psicologiche, è l’inglese Rebecca Hall, che conferma insieme alla bellezza - qui occultata o intermittente ad hoc - tutto il suo talento d’attrice: avercene. Lavorando sull’empatia spettatoriale, ovvero assecondando la regia intenzionalmente da sitcom sociopatica di Campos, la Hall si getta corpo, anima e ottundimento su Christine, dando al ritratto un voltaggio farmacologico e sensibile, malato e morale, livido ma vivido.
Lo sceneggiatore Craig Shilowich di depressione ha sofferto, e sa quel che scrive, Campos lo trasforma con dovizia di annotazioni psicologiche, particolari patologici, mantenendo il focus su Christine ma insieme illuminando l’America allora e l’America oggi: dalla condizione femminile alla critica dello showbiz, dalla salute mentale alla proliferazione delle armi, tutto è contemplato senza clamore né torpore, con lucidità d’evocazione e acume d’analisi.
Nel cast spiccano il capo di Christine interpretato da Tracy Letts, il suo collega e amore (?) non corrisposto George incarnato da Michael C. Hall (Dexter), e nonostante alcune lungaggini e cali di – si fa per dire – tensione Christine perfeziona l’osservazione e la decrittazione della sociopatia cara a Campos: un thriller al litio, sordo, fesso e ineluttabile.