PHOTO
Edoardo Pesce nella seconda stagione di Christian - Foto Lucia Iuorio
Inizia una nuova era a Città-Palazzo. Dopo la morte di Lino (Giordano De Plano) il vuoto di potere viene colmato in maniera “naturale” da Christian (Edoardo Pesce), riconosciuto più o meno da tutti come guida spirituale capace di capovolgere un sistema basato fino ad allora sulla violenza e sulla criminalità, leggi non scritte di un luogo dove ora, invece, si intravede qualche possibilità di futuro.
Questa “utopia coatta” promessa da Christian ai suoi – il riscatto di un intero quartiere, una comunità in cui regnino uguaglianza, condivisione e rispetto degli altri – diventerà realtà non senza problemi, ma ancora più grandi saranno i problemi che si presenteranno con il passare dei giorni. Sarà possibile svincolarsi totalmente dallo spaccio di droga? Come riuscire a garantire la sussistenza e un miglioramento delle condizioni di vita di ognuno? Ma, soprattutto, come impedire che le vecchie abitudini riprendano il sopravvento?
La seconda stagione di Christian, da domani 24 marzo su Sky e in streaming su NOW, conferma e forse supera le buone impressioni suscitate dopo i primi sei episodi dello scorso anno: il supernatural crime drama prodotto da Sky Studios e da Lucky Red in collaborazione con Newen Connect, diretto da Stefano Lodovichi su sceneggiatura di Valerio Cilio, liberamente ispirato alla graphic novel Stigmate di Lorenzo Mattotti e Claudio Piersanti, ci porta nuovamente dentro i casermoni del Corviale (quelle continue vedute aeree che fungono da raccordo durante le varie fasi della narrazione, specialmente quelle notturne, lo trasformano in una sorta di transatlantico gigantesco sospeso nel nulla di un oceano oscuro), location che ancora una volta diventa anima di un racconto dove la concretezza del cemento diviene contraltare della città fantasma di Monterano, suggestivo luogo alle porte di Roma (già più volte sfruttato dal cinema, vedi Il marchese del Grillo), dove in ogni puntata – poco per volta – comprendiamo il disegno di un nuovo personaggio, La Nera (Laura Morante), un essere divino determinato ad ostacolare i piani del Biondo (Giulio Beranek), suo omologo ed opposto. Ma in questo mistico, magico gioco di potere fra santi e demoni, nessuno può anche solo immaginare che forma assumerà, tra le mura di Città-Palazzo, la lotta per la libertà.
"Ogni rivoluzione chiama una controrivoluzione”: è in questa costante lotta tra il Bene e il Male – attenzione poi, qual è il Bene, qual è il Male?... – che la struttura di questi nuovi sei episodi riesce a farsi compiuta, costruendo proprio su questo tessuto di ambiguità eterna le tensioni di una moralità terrena e le tentazioni di una verità che ambisce al sacro.
L’evoluzione del personaggio protagonista – che Edoardo Pesce incarna nuovamente con il giusto mix di muscolarità e stupore, naïveté e risolutezza – è quella che dall’infanzia (la scoperta di avere un dono inspiegabile, nella prima stagione) conduce all’adolescenza (cercare di dirottare questo dono verso la strada giusta, con i relativi interrogativi che la questione comporta): evoluzione che passa anche dallo sviluppo del rapporto con la vicina Rachele (Silvia D’Amico, inarrestabile) e con l’amico fraterno di un tempo, Davide (Antonio Bannò), figlio del boss Lino e in linea teorica “erede designato” sul trono del regno di Città-Palazzo.
Tra rimandi ad un passato con cui integrare le vicende di oggi (torna così in vita il personaggio di De Plano, carisma esplosivo che buca lo schermo anche in poche pose), figure capaci di reinventarsi – come la Michela di Romana Maggiora Vergano o il Penna di Gabriel Montesi – e figure che continuano a dimostrare le loro magnifiche doti camaleontiche (come il “medico” Tomei di Francesco Colella), troviamo l’altra new entry incarnata da Camilla Filippi, Esther (l’origine ebraica del nome, non a caso, conduce a “io mi nasconderò”...), abitante di Città-Palazzo apparentemente slegata dalla superficie di una narrazione che vedrà invece sempre più determinante il Matteo di Claudio Santamaria, il postulatore del Vaticano che da piccolo venne riportato alla vita dal Biondo e che, anni più tardi, ha visto Christian riportare alla luce il figlioletto condannato alla cecità.
Spirito indie e logiche mainstream si fondono (ed è forse questa, ancora una volta, la carta vincente del format), il fantasy dialoga ancora apertamente con il realismo, tragedia e commedia, alto e basso (“Ma che è ‘sta Sodoma e Gomorra?” – “Boh, na serie me sa”…) si amalgamano, la parabola di questo “santo picchiatore” dal cuore d’oro prosegue sul sentiero tribolato che potrebbe condurre ad una piena consacrazione. O allo svelamento di un’altra natura.
Vizi capitali e tressette, alleanze e tradimenti, il cemento del Corviale e la sospensione mistica di Monterano, il Bene e il Male, Gaber (“la libertà è partecipazione”) e Bennato (“È una favola, è solo fantasia / E chi è saggio, chi è maturo lo sa / Non può esistere nella realtà”), il mare o la montagna? Totti o Del Piero? “Beh, questa è facile”.