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Alla fine dei titoli di coda del nuovo film di Christophe Honoré sfilano, tra i ringraziamenti, i nomi dei registi per lui cari, da Bergman in poi. Manca Jacques Demy, il riferimento più presente tra le ispirazioni del francese, come se quelle storie di fantasmi che sono le storie d’amore fossero anche storie di ingratitudine.
E in effetti di questi temi parla Chambre 212, di una coppia che si separa per il tradimento di lei (Chiara Mastroianni) e che, mentre alloggia nell’albergo di fronte a casa sua comincia ad avere le visite dei fantasmi del passato, dalla versione giovane del marito alla sua amante da ragazzo e via così fino a riempire la stanza.
Honoré, anche sceneggiatore, costruisce una farsa leggera e onirica, che danza su musiche e canzoni e nostalgie seguendo la scia di Demy e del lato più sorridente della sua filmografia.
Attraverso l’espediente dei ricordi che prendono vita, il film costruisce un passo a quattro che si amplia mano a mano per descrivere con umorismo sornione e partecipe i saliscendi di una coppia, le deviazioni della vita all’interno dell’amore, il passato come coperta tiepida ma ingannevole e il presente amoroso come una professione che richiede abilità precise e strumenti affidabili.
A suo modo, Chambre 212 è impeccabile nel ritmo della scrittura e nel gioco degli attori spesso trascinante (soprattutto il sempre più bravo ed espressivo Vincent Lacoste), solo che emerge durante la definizione dei personaggi e dei loro caratteri una vena di paternalismo e conformismo che appiattisce il film alla lezione moralistica.
Un inciampo “ideologico” che non sarebbe piaciuto a Demy: è forse anche per questo che Honoré si dimentica di ringraziarlo?