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Caught by the Tides @X Strem Pictures
Forse un giorno lanceremo i film di Jia Zhangke nello spazio, a beneficio di quella razza aliena che volesse conoscere cos'era, una volta, la civiltà umana. Caught by the Tides – con cui torna in concorso a Cannes sei anni dopo I figli del fiume giallo – è il testamento nella capsula, una diapositiva in movimento. Un viaggio nel viaggio di un paese. Due decenni cinesi, ricostruiti con la memoria dei suoi stessi film, dall'epoca di Platform (2000) e di Unknown Pleasures (2002), passando attraverso Still Life (2006) fino al blocco "nuovo" datato 2022. Un progetto accarezzato prima del Covid, quindi finalizzato dopo la pandemia e perciò forse cambiato nelle premesse teoriche sentimentali. Transeunte. Un approccio estetico e narrativo nuovo, in cui l’archivio s’innesta senza soluzione di continuità nell’inedito, i formati si mescolano in un film-cinema in cui la durata esplode e si ricompone tramite i diversi frammenti del passato.
In questo schema insieme libero e predeterminato, ritroviamo Tao e Bin di Still Life, un amore ostinato nelle correnti del tempo che diventa prova di (r)esistenza nel collettivo. Ma è tutto il progetto a porsi come alternativo rispetto al metronomo della nazione, alla storiografia ufficiale e all’oblio delle storie individuali. Tracce di vita, di palpiti, di bellezza. Come quella delle Tre Gole, catturate dalle immagini di Still Life come una delle ultime testimonianze visive. O di Zhao Tao, musa di sempre, immutabile attraverso i decenni, con cui Jia Zhangke osserva con tenerezza la Cina che cambia e diventa sempre più indecifrabile, scostante, globale. Non è la storia di uno smarrimento, ma uno smarrimento nella storia: l’eclisse delle cose genuine, del come eravamo e come amavamo una volta, sciolti nel sol dell’avvenire di un impero tecnologico, materialista e marziale (torna in mente Antonioni anche per quel suo versante cinese, Ritorno a lisca bianca e Chung Kuo).
Caught by the Tides è un uomo, una donna, un mondo che cambia, loro che si rincorrono nei decenni. È romanticismo senza sentimentalismo, perdita senza malinconia. È valer di ritrovamenti e di addii. Energico, profuso in canzoni, danze, abiti, sogni. È il segno che il cinema "grande", lontano dalla frantumazione dei formati, del minimalismo delle storie, dello smarrimento ideale e ideologico, ha rinvenuto altro destino al di là del nero dissolversi: quello del reperto, quando non dell'archivio o del museo. Esito tutt'altro che congelato, inerte. Catturato e sospinto dalle maree, dice il titolo. Come quelle barchette che prendono il largo e approdano prima o poi da qualche parte. Messaggio inviato.
In attesa di risposta da coloro che verranno, la chiamata al momento è per noi.