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Cari Compagni!, il nuovo film di Andrei Konchalovsky, è basato sugli accadimenti intercorsi tra l’1 e il 2 giugno del 1962 a Novocherkassk, vicino a Rostov, quando uno sciopero dei lavoratori venne soffocato nel sangue dall’Armata Rossa e/o il KGB: ventisei persone rimasero a terra, ottantasette i feriti. La storia è stata secretata fino agli anni ’90, la prima inchiesta ufficiale, affidata all’investigatore Yuri Bagraev qui consulente alla sceneggiatura, è del 1992, a sessant’anni esatti dagli eventi.
Nel film, in Concorso alla 77. Mostra, il regista russo Konchalovsky affida alla moglie, l’attrice Julia Vysotskaya, la protagonista Lyudmila, membro del partito comunista locale, militante dura e pura, che disprezza ogni disallineamento e dissidenza dalla dottrina. Una manifestazione operaia in una fabbrica di locomotive, innescata dal carovita e dalla riduzione oraria del salario, viene repressa da esercito e apparati di sicurezza: vittime e dispersi, arresti, condanne sommarie e coprifuoco, la cittadina è travolta, e anche la stessa Lyuda, che non ha notizie della figlia diciottenne Svetka (Yulia Burova). Proverà a cercarla con l’aiuto, non disinteressato, di un ufficiale del KGB, sebbene il blocco di Novocherkassk e l’insabbiamento messo in atto dalle autorità ostacolino la verità.
Bianco e nero, rapporto d’aspetto 4:3 e attori non professionisti, al fine di veicolare un’immagine verità e coeva agli eventi, Dorogie Tovarischi! infila la camera nella repressione di regime e, ancor più e ancor prima, nel tradimento degli ideali e della fede politica: all’epoca regnava Nikita Chruščëv, e qui Lyuda rimpiange Stalin, non se ne esce, la verità storica eccede e confuta quel che sanno, anzi, credono i personaggi, e la disillusione, ovvero il disvelamento, s’insinua, s’insidia e prende la storia e la Storia. Nondimeno, il maestro russo non abdica all’ottimismo, conserva l’umanità laddove non lui ma gli eventi non si preservano le vite, e con la bella, appassionata e dolente Lyuda, che può ambire alla Coppa Volpi, regala un’eroina sovietica dolorosamente e eterodossamente autentica.
La prima parte del film, fino alla sparatoria, si fa preferire, la seconda imbarca qualche inverosimiglianza di troppo e un romance spurio, il risultato è comunque dignitoso.