Inverno 1915. La scultrice francese Camille Claudel prende una pietra e la esamina. Immaginiamo l'artista al lavoro attraverso il nascere dell'idea, un sasso che si trasforma in opera d'arte. Ma subito ributta in terra la pietra per non creare più nulla. Ossessionata dall'invidia degli altri (soprattutto l'ex maestro e amante Auguste Rodin) e da manie di persecuzione, viene internata dalla famiglia in un manicomio nel sud della Francia dove vivrà fino alla fine dei suoi giorni, in solitudine e abbandono, aspettando invano la visita della sorella, della madre e di suo fratello, il poeta e diplomatico Paul Claudel (nel film Jean-Luc Vincent). Proprio la corrispondenza tra fratello e sorella hanno ispirato Bruno Dumont. L'inquieto regista di L'umanità, Hors Satan e 29 Palms si concentra sul personaggio a cui dà carta bianca: Juliette Binoche immobile fino all'esaurimento, anche di chi vede. Intorno malati veri nella parte di se stessi, la camera non si allontana quasi mai dagli interni dell'ospedale psichiatrico, ma più che indagare fissa il mistero.