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Calladita
Il bitcoin discreto della borghesia. Il debutto alla regia di Miguel Faus, Calladita (The Quiet Maid), ci ricorda quanto la borghesia sia orribile, ma il memento riecheggia passate disamine: bene, male, X?
Anteprima mondiale nel concorso per opere prime del Tallinn Black Nights Film Festival, annoverato nel Panorama internazionale del Bif&st, si ambienta in una lussuosa villa di campagna in Costa Brava, là dove Ana (Paula Grimaldo), una ventenne colombiana, presta servizio presso un facoltoso commerciante d'arte, Pedro (Luis Bermejo), e sua moglie, Andrea (Ariadna Gil). Trattata, absit iniuria verbis, come una pezza da piedi, Ana rialza la cresta complice l’omologa, domestica nella casa vicina, Gisela (Nany Tovar): Lenin non è della partita, nondimeno, che fare?
La lotta di classe, e di “morale”, passa dalle nuove tecnologie: un cunnilingus a “sfregio” estorto su Tinder a un aitante giovanotto complice l’account dell’attraente figlia dei possidenti, l’influencer Claudia (Violeta Rodríguez); la criptovaluta estorta al rampollo Jacobo (Pol Hermoso) che insidia, e più, Ana con gli amici gaglioffi, tutto è bene quel che l’IT provvede?
Eppure, malgrado il maquillage informatico, la misura è colma, ovvero il trattamento della borghesia, la stigmatizzazione dello status e del censo pare se non fuori tempo massimo, bisognosa di upgrade: se non i pugni, lo smartphone in tasca, e più non dimandare.
Fotografia disciplinata da Instagram, invero la firma Antonio Galisteo, scenografie in palette di Ana Garcia Rico, Faus sa muovere la macchina e pure dirigere gli attori, e la Grimaldo è pregevole, ma il produttore Steven Soderbergh non fa primavera, e tantomeno il record, peraltro messo en abyme nella narrazione: Calladita è il primo film europeo finanziato tramite NTF.