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Burlesque
Ci vuole una leggenda (Cher) per fare una star (Christina Aguilera). Così recita il poster stelle & strisce, e Burlesque, seppur non leggendario, brilla di luce propria: è un musical niente affatto male, e non l'avremmo detto.
Già passato dalla Festa mobile di Torino 28, arriva in sala regalando una coppia d'assi al femminile: seppure gareggino sul fronte chirurgia estetica, Cher e Christina Aguilera sono affiatate e solidali, dall'ugola in giù. Se la guerra del bisturi la vince l'ex signora Bono, perché ha 64 anni ma sembra la sorella minore di Christina, viceversa, la recitazione pende dalla parte della bionda protagonista, che balla e, soprattutto, canta da dio, e pure nei dialoghi se la cava con ironia e assertività. Che dire, Burlesque non è l'infimo Showgirls, supera per coreografie (pur meno ricche) e montaggio il sopravvalutato Chicago, e la Aguilera non è la Mariah Carey di Glitter o la Britney Spears di Crossroads.
In regia Steve Antin (attore di N.Y.P.D.), Christina è Ali, avvenente ragazza di campagna, che sbarca sul Sunset Strip di L.A. con un desiderio chiamato showbiz e un ostacolo che ribattezzerà opportunità: Tess (Cher), proprietaria del Burlesque Lounge, con tante gambe sul palco ma poche sotto il tavolo dei conti. Lo sviluppo è prevedibile: finito di servire ai tavoli, una stella brillerà sotto i riflettori, troverà l'amore (il barman-compositore Cam Gigandet), svicolerà dal “diavolo” (il palazzinaro Erica Dane), annichilirà la rivale (Kristen Bell) e conquisterà pure il grillo parlante (Stanley Tucci, strepitoso braccio destro di Tess).
Dopo il riscaldamento e i vocalizzi di Moulin Rouge, la Aguilera dimostra talento da vendere e plastica da imitare, mentre Cher, al cinema sette anni dopo Fratelli per la pelle, consegna nuove accezioni all'attributo “eterno”, ma sono ciliegine sulla torta: Burlesque funziona nei particolari. Se lo sviluppo sentimentale e la scansione narrativa sono prevedibilmente da copione, le battute, i dialoghi, le singolar tenzoni di queste showgirl si alzano decisamente dalla media, facendo il paio con le performance danzereccio-canore, dirette come ottimi videoclip, ma ben amalgamate nei 115' del film. Insomma, the show must go on.