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Buio. Buio come l’oscurità che avvolge tre sorelle a cui il padre non permette di avventurarsi fuori casa. Buio come i pensieri dell’uomo, difficili da decifrare. Le tre, due adolescenti e una bambina, conducono un’esistenza da recluse perché oltre le mura domestiche un evento terribile è accaduto anche se non si sa bene cosa, forse una tempesta solare o una catastrofe climatica. Oppure ancora, con gli occhi della cronaca contemporanea, una terribile pandemia. Loro prigioniere, il padre invece bardato dalla testa ai piedi libero di uscire di notte a caccia di cibo. Ma quanto a lungo si può rimanere reclusi se si è nel fiore dell’età e con tanta voglia di vivere addosso?
Quando il film di Emanuela Rossi è stato presentato per la prima volta, il Coronavirus non era nella lista dei peggiori incubi di nessuno, cosicché quanto raccontato sembrava appartenere alla mera descrizione di un futuro distopico. Oggi, purtroppo, appare come la fotografia di una realtà che ha superato di gran lunga la fantasia. Da questo punto di vista il film ha una qualità di preveggenza impressionante, tanto le tre sorelle sembrano subire quello che nei duri mesi del lockdown ha vissuto il mondo intero, con ognuno separato dall’esterno per non incontrare il nemico invisibile che miete vittime senza guardare in faccia. Un mostro orribile di cui è impossibile vedere i contorni per poterne prendere le distanze e mettersi in salvo.
Non sono però le doti di preveggenza a rendere Buio un’opera prima assai eccentrica e interessante all’interno del panorama italiano, quanto l’uso dei generi che la regista piega a suo piacimento per costruire un singolare coming of age. Il film infatti parte come un racconto apocalittico e distopico, ben avvinghiato al genere claustrofobico, per infine virare verso il romanzo di formazione dai contorni dark. Un percorso narrativo che corrisponde alla presa di coscienza di Stella, Aria e Luce, le sorelle che portano uno splendore positivo impresso nei loro nomi. Un lavoro di rilettura che la Rossi accompagna regalando alle scenografie colorate e alla fotografia sofisticata dei toni particolarmente azzeccati, segno di una cura formale non banalmente funzionale alle emozione e all’evoluzione della storia.
Crescere è difficile, ieri come oggi e come nel domani immaginato in Buio. Una difficoltà che è desiderio di spezzare le catene, ribellarsi alle figure parentali, trovare la propria strada. Stella, Aria e Luce ognuna a suo modo quella strada la cercano e la vogliono intraprendere, faticosamente e non meno dolorosamente. Ma già muoversi è andare verso la metà, guardare lontano. Se il presente è oscuro il domani emana una luce, per quanto debole possa essere. E il fatto che a vederla siano delle giovani ragazze ricorda che, così come per Ferreri, il futuro è donna.