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Buio come il cuore
Lui, lei, l’altro. Niente di nuovo se non fosse che la lei in questione è un’attrice con una spiccata attitudine a mischiare arte e vita. Tutto a inizio quando Anna, sposata a un ricco imprenditore, si appresta a interpretare il ruolo da sempre sognato, quello che finalmente potrebbe regalarle gloria e ammirazione. Ma Anna non è una qualunque. Preda di desideri e passioni inconfessabili ha troppo da nascondere rispetto al passato e al presente per non finire invischiata in un gioco perverso manipolato da chi - uno, più di uno? - vuole condurla sull’orlo del baratro.
Film di specchi che riverberano continuamente mostruose figure e illuminano storie segrete pronte a svelarsi pian piano, Buio come il cuore di Marco De Luca (all’opera seconda) è un thriller psicologico che molto guarda al noir americano, luogo privilegiato di uomini pericolosi e donne fatali abituati a fronteggiarsi senza esclusione di colpi.
Le atmosfere cupe, spesso notturne, e le sequenze di set sono al servizio di una vicenda costruita attorno a una creatura ora crudele ora fragile, cui dà corpo e anima Elisabetta Pellini. Vittima o manipolatrice? Come di regola la domanda resta sospesa fino a uno scioglimento finale per arrivare al quale si attraversa un tortuoso labirinto, che è poi quello mentale della protagonista in cerca di se stessa. Un percorso costellato di attacchi improvvisi, pericoli incontrollabili, crolli psicologici, crisi di paura, tensioni improvvise.
Scritto a quattro mani dal regista insieme a Claudio Masenza, come detto il film gioca a carte scoperte con il noir classico americano di cui si mettono in gioco gli stilemi rinnovati però alla luce della rivisitazione già operata da vari autori italiani negli anni Settanta. Se le figure principali, infatti appaiono modulate sugli archetipi cari al cinema d’oltreoceano, le atmosfere così come i colori e il taglio delle inquadrature sono invece visivamente legati alla tradizione del giallo italiano.
Un’operazione di recupero tutt’altro che scontata all’interno di una produzione nazionale ben poco disposta a rinascere in termini di messa in scena del genere, di cui invece ci sarebbe un gran bisogno.