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Urla nella notte, cinema horror e non solo. Viaggio negli anni Sessanta del brivido all’italiana, quando la paura nasceva dai colori accesi e da maestri come Mario Bava. Il thriller che si fa orrore: Sei donne per l’assassino, il killer mascherato che terrorizza Roma.
Il male non ha volto, il sangue scorre copioso, la violenza è estetizzante. Il regista Steve Della Casa si mette anche davanti alla macchina da presa, e racconta, spiega, collega la dimensione pop a quella autoriale.
Un decennio per capire l’importanza culturale del genere, che avrebbe influenzato anche il cinema a venire. Tinte barocche, raffinati movimenti con la cinepresa, la tensione dei corpi, specialmente di quello femminile. La donna è più vittima che carnefice, viene spogliata, il desiderio che si cela dietro alle sequenze è lampante. Tra le grandissime, Della Casa ricorda Barbara Steele, omaggiata anche da Dario Argento e dagli esperti d’oltralpe (tanti nomi d’eccezione, su tutti spicca Bertrand Tavernier). E l’immersione prosegue.
Vi ricordate Thomas Miller? In realtà era Camillo Mastrocinque. Il titolo era La cripta e l’incubo. Reincarnazioni, streghe, elementi gotici a cascata, con addirittura un velato lesbismo. Boia, maschere e segreti: l’horror italiano degli anni Sessanta è un viaggio affascinante, costruito sulle interviste frontali e gli spezzoni dei film. Lavora sulla memoria, sull’importanza di non perdere le radici del nostro cinema.
Un altro cineasta fondamentale è Robert Hampton, lo pseudonimo di Riccardo Freda. Della Casa si sofferma a lungo su L’orribile segreto del dr. Hichcock. È ambientato in Inghilterra, ma è stato girato in Italia, in due settimane, in una villa ai Parioli. La necrofilia raccontata nel 1962, coadiuvata da una spiccata attenzione per le immagini. All’epoca Cinecittà faceva la parte del leone, e futuri premi Oscar come Carlo Rambaldi davano vita a ragni giganti e mostri di vario genere.
Boia, maschere e segreti: l’horror italiano degli anni Sessanta ci porta all’origine dell’incubo, prima di Dario Argento, prima del suo “sperimentale” L’uccello dalle piume di cristallo. I rimandi sono molti, e Della Casa li affronta con puntualità, naturalmente stando seduto sulla poltrona di una sala cinematografica. E ancora: Giulio Questi con La morte ha fatto l’uovo (che ritmo, ancora oggi, la fama d’oltreoceano è giustificata), Antonio Margheriti con Nella stretta del ragno (lo trovate come Anthony M. Dawson)… Andata e ritorno nelle tenebre, per 75 minuti da battere i denti.