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Salma Hayek and Owen Wilson star in BLISS
Photo: Hilary Bronwyn Gayle/Amazon Studios
Nel 1999, l’uscita nelle sale di Matrix delle sorelle Wachowski ha lasciato un segno indelebile. Era un richiamo a cult ben più lontani, a partire da Terminator. Di certo una società governata dalle macchine non era una novità, ma in qualche modo quel tipo di rappresentazione ha determinato un nuovo immaginario. Da quel momento l’idea che il genere umano potesse giostrarsi tra verità e finzione, sul grande schermo è diventata una consuetudine.
L’ultima frontiera è stata quella di Christopher Nolan con Inception, dove le diverse dimensioni parallele erano all’interno della nostra mente, cristallizzate in un sogno su più livelli. Troppo complesso? Forse. Ma appartiene a un filone cinematografico che fa tendenza, parente stretto del sempreverde “viaggio nel tempo”. Bliss di Mike Cahill segue la scia, si inserisce nella corrente della fantascienza che rimescola ma non inventa. A un certo punto nell’inquadratura troneggia un enorme cervello, intorno al quale le persone attingono energia per essere proiettate in un altro luogo. Questa volta le connessioni sono posizionate nel naso, e non alla base del cranio come in Matrix. L’omaggio è servito, come anche il déjà vu di Inception.
Il cinema di Cahill si potrebbe definire speculare. Le diverse narrazioni si specchiano l’una nell’altra, e affondano le radici nell’illusione. In Bliss alcuni personaggi ricompaiono appannati, come ologrammi, comunicando anche con chi non si trova nella stessa realtà. Che cosa è vero? Che cosa è una proiezione dell’inconscio? Difficile dare una risposta. Sembra di rivedere Another Earth, proprio di Cahill, dove ogni elemento si duplicava, e un’altra versione dell’umanità viveva su un’altra Terra.
Salma Hayek and Owen Wilson star in BLISS
Photo: Hilary Bronwyn Gayle/Amazon Studios
Purtroppo però, come in Another Earth, il regista scivola nella retorica, sembra non credere lui per primo a ciò che mette in scena, filosofeggia invece di concentrarsi sulla trama. E, per calcare ancora di più la mano, regala un cameo a Slavoj Žižek, ormai pensatore di fama mondiale, sospeso in una riflessione su dannazione e rivalsa, inferno e paradiso. Proprio Žižek nel suo saggio L’epidemia dell’immaginario, passando da Jacques Lacan a Woody Allen, spiegava che la distinzione tra realtà e immaginario non ha più ragione di essere, perché tutto ormai è diventato virtuale. Cahill percorre la via più facile: scelte dettate dalle passioni, sentimenti romantici, avventure amorose, messaggi che provano a innalzarsi a esempio morale da seguire, in un turbinio di colpi di scena e false apparenze.
Bliss scivola nel film a tesi, che si dimentica di costruire una drammaturgia appassionante. In I Origins Cahill era riuscito a raggiungere un equilibrio, in una storia che si interrogava sullo scontro tra scienza e religione. Qui invece il risultato è sbiadito, nonostante una buona interpretazione del versatile Owen Wilson, affiancato da Salma Hayek. Wilson ha dimostrato di sapersi ben destreggiare tra i generi: partendo dai toni leggeri (indimenticabile nel suo assolo in Midnight in Paris), ha poi virato verso il dramma, abbracciando adesso anche le sfumature sci-fi. Ma purtroppo il suo talento non basta a risollevare le sorti di un’operazione confusa anche se ambiziosa. Peccato perché il nome del regista poteva far sperare almeno in un intrattenimento piacevole. Invece è un’occasione sprecata.