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Liam Neeson in BLACKLIGHT - credit Ben King
Per un agente lavorare sotto copertura può sembrare affascinante: assumere un’altra identità, vivere vite diverse e custodire dettagli di segrete operazioni. Tutto molto ammaliante certo, ma che succede se qualcosa va storto e non si è più in grado di portare avanti il compito assegnato?
A conoscere bene queste dinamiche è Travis Block, “riparatore” governativo e protagonista del film Sky Original, Blacklight, interpretato da Liam Neeson e diretto da Mark Williams.
Block, infatti, si occupa da lungo tempo di rimediare all’estreme condizioni che le missioni in incognito provocano ad agenti che, ad un certo punto, si ritrovano impelagati in situazioni decisamente sconvenienti. Dopo anni di onorato servizio e brillanti vittorie lavorative, Block è deciso a fermarsi, andare in pensione e godere di quella famiglia, composta dalla disillusa figlia e dalla nipotina, che a causa del lavoro ha sempre sacrificato e trascurato.
Quando viene però a conoscenza dell’esistenza dell’Operazione Unity, oscuro programma formulato per colpire cittadini comuni per ragioni sconosciute, o meglio, esclusivamente note a Robinson,(Aidan Quinn), capo dell’FBI e superiore di Block, unisce le forze con una giornalista (Raver-Lampman), anch'essa desiderosa di scoprire la verità. Ma quello che Block non aveva previsto è che il passato si scontra inevitabilmente con il presente e quando ad essere in pericolo saranno proprio la figlia e la nipote, non potrà permettersi di commettere errori che potrebbero rivelarsi fatali.
L’esito della sfida che Blacklight propone, infarcita di sparatorie notturne ed roboanti combattimenti, è sicuramente prevedibile e anche un po' sbrigativa sul finire, come se per magia tutti i tasselli si ricomponessero per regalarci il confortante lieto fine e l'affrancamento dei soggetti coinvolti. A rendere Blacklight un pò(chino) diverso dagli altri è la presenza di alcuni elementi, sparsi lungo tutta la durata del film.
L’attualità e il contesto politico, infatti, sono presenti e puntellano (superficialmente) tutta la storyline. A dimostrarlo, la scelta di utilizzare come causa scatenante della vicenda la morte di una politica femminista ispano-americana (fortemente somigliante a Alexandria Ocasio-Cortz) ed aver evidenziato il ruolo necessario, e non poco ingombrante, dell’informazione e della sua deriva in un Paese oramai “governato dai consensi espressi su Twitter..”. La volontà è apprezzabile anche se a palesarsi è il desiderio di offrire quel piano di lettura in più ad un film che comunque rimane un action movie a tutti gli effetti.
Ma come sempre accade, il motore resta l’inossidabile, seppur con qualche anno in più, Liam Neeson. L’attore sembra ormai aver votato la carriera a ruoli da superuomo dedito a salvare gli innocenti a suon di colpi di pistola ed inseguimenti, tanto da aver consolidato un sottogenere e aver reso inimitabili e riconoscibili i personaggi interpretati.
In Blacklight, non da meno, si attiva lo stesso meccanismo: un uomo formidabile dal punto di vista lavorativo, ma carente nel privato, dovrà venire a patti con affari pericolosi. L’aspetto poco consueto questa volta è l’umanizzazione di un uomo chiaroscurale costituito da una parte vigile e glaciale e dall’altra da manie compulsive e dai tentennanti sforzi di volersi riscattare come padre che ha sempre confuso le attenzioni ossessive per la sicurezza a quelle paterne. Sarà il manifestarsi dell'oggettività dei fatti a farlo ragionare sull’eventualità non aver sempre agito per il bene. Il tutto, ovviamente, con la buona dose di azione che solo un “Liam Neeson Movie” può esplicitare.