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Blackhat
Sempre benvenuto sia il cinema selvaggio di Michael Mann! La capacità di abbinare in una sintesi di potenza inaudita controllo e libertà espressiva è una delle sue grandi doti, e Blackhat lo conferma. Questo cyber-thriller, costruito intorno alla figura di un ex-galeotto , Chris Hemsworth, costretto suo malgrado ad inseguire un criminale ancora più pericoloso e devastante di lui, è un’opera barocca, irruenta anche quando paradossalmente rallenta il ritmo della narrazione. Un film che sprigiona come sempre una visione inimitabile. Mann continua nel suo lavoro di definizione architettonica dello spazio-cinema con una coerenza impressionante, che disdegna le leggi del mercato per rispettare quelle del discorso poetico. Blackhat si è rivelato un insuccesso economico negli USA in quanto prodotto non allineato all’estetica odierna del mainstream, più superficiale e patinata. Quello di Mann è cinema di visione e introspezione suggerita, non esibita. E se anche potrebbe sembrare che l’autore sia rimasto indietro rispetto a quello che oggi Hollywood propone, è soltanto perché continua ostinatamente a rifiutare il processo di involuzione che il sistema sta vivendo. Per favore Michael, continua sempre così.