Donne nell’abisso di una crisi di nervi. Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn è l’altra faccia di Joker, anche a livello produttivo. La Warner Bros delinea le due strade che vuole percorrere: l’autorialità e lo spirito da popcorn movie, l’impegno e l’entertainment. Il clown di Joaquin Phoenix strizzava l’occhio alla New Hollywood, vittima e carnefice di una società che lo rigettava. La sua catarsi era la danza.
La protagonista Harley Quinn, qui ex fidanzata di Joker, è un’amante tradita, dal sistema e dallo squilibrio a cui si era affidata. Non c’è la disperazione del Joker di Todd Phillips, siamo più vicini forse a Suicide Squad di David Ayer: “cartelli” che introducono i personaggi, elenchi di torti subiti, azione allo spasimo. Ma la linea sottile che unisce i due film è quella politica. Da una parte la lotta di classe, i poveri che si ribellano, dall’altra le “cattive eroine” contro il maschilismo.
Quella di Birds of Prey è una storia di vendette senza fine. Harley Quinn è una dottoressa in carriera che si è innamorata di un paziente, per poi venire trascinata nel suo vortice di follia. E tutte quelle che la affiancano hanno un passato tormentato, plasmato dai soprusi. Insieme sfidano un modello imposto dagli uomini di potere, in un racconto anche figlio del #MeToo. Quando il malvagio Ewan McGregor costringe una cliente del suo club a spogliarsi davanti a tutti, si sentono gli echi di molti scandali attuali.
La “rinascita” è politicamente scorretta (ma lo sarà davvero?). Anche i criminali hanno la loro umanità, e la regista Cathy Yan sceglie di non condannarli. Costruisce la vicenda sul corpo di Margot Robbie: bellissima, ispirata dal fumetto, inquietante nella sua mania, che a un certo punto si improvvisa persino Marilyn Monroe in Gli uomini preferiscono le bionde di Hawks, cantando Diamond Are a Girl’s Best Friend. Picchia i suoi avversari senza pietà, si lancia in coreografie pirotecniche anche rallentate, “sniffa” per ritrovare le forze e vincere il nuovo round.