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Non si può essere seri a 17 anni, diceva Rimbaud (e Leo Ferrè). Ora lo dice Giacomo Campiotti (e i Modà…), e più di qualcosa è cambiato. Innanzitutto, Leo (Filippo Scicchitano, sempre meglio) di anni ne ha 16, eppure, volente o nolente la vita, e la morte, lo mette davanti a un bivio: essere o non essere seri. Il calcetto per passione, la scuola per punizione, ha un'amica - troppo - speciale (Aurora Ruffino), un professore da attimo fuggente (Luca Argentero) e, soprattutto, una ragazza di cui è perdutamente e nascostamente innamorato: Beatrice (Gaia Weiss), accento francese, lunghi capelli rossi ed echi danteschi. Quando finalmente riesce a conoscerla, Beatrice quei bei capelli rossi come il sangue non li ha più: leucemia, il suo sangue sta diventando bianco… Leo non molla la presa, fa quel che può, ovvero, fa – lo è davvero? – l'innamorato…
Dopo tanta fiction Giacomo Campiotti ritorna al cinema con l'adattamento del bestseller di Alessandro D'Avenia, co-sceneggiatore con Fabio Bonifacci: Bianca come il latte, rossa come il sangue è un dramedy semplice, onesto e come la vita prevedibile. Nel bene e nel male, nell'amore e nella morte: interpreti tutti all'altezza, e una regia fresca, creativa senza virtuosismi, che guarda al mondo con occhi adolescenti, senza concessioni al giovanilismo né alle paternali. Per il nostro non magnifico e non progressivo cinemino c'è di che applaudire, ovvero, una buona dose di coraggio: Dio al capezzale, eros e thanatos tra i banchi, segreti e bugie troppo cresciuti per il solito teen-movie, sì, forse a 17 anni non si può essere seri, ma a 16 si può essere insieme divertenti e commoventi. Fino alle lacrime.