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In una foresta, tra i rimasugli imputriditi di un picnic, Fabien si risveglia e non ricorda nulla di come sia finito in quel luogo. Ex-star di una sitcom di successo, è torturato dalla memoria di Corinne, sua partner nello show tv e forse anche nella vita, deceduta in un incidente stradale che lo stesso Fabien probabilmente ha provocato.
L’incontro con Yoni, giovane militare omosessuale che se ne va in giro con la testa del compagno in una borsa, può essere l’occasione data a entrambi per fare i conti con la vita e superare i propri traumi.
Alexia Walther e Maxime Matray dirigono, con Bêtes blondes, il loro primo lungometraggio e lasciano intendere, sin dal formato adoperato, un desueto quattro terzi, e dall’uso insistito di zoom e di inquadrature sbilenche da tv show, la cifra grottesca della narrazione.
Sorta di Memento, con il protagonista sprovvisto di memoria a breve termine, ibridato con istanze libertarie da Nouvelle Vague fuori tempo massimo, Bêtes blondes è un’opera curiosa, dal ritmo sfilacciato e che sembra oppressa da ambizioni fuori portata, anche a fronte delle numerose sequenze con intento parodico - c’è spazio anche per una dissertazione alchemica e un’altra sulle parafilie - ma che appesantiscono inutilmente il metraggio finale lasciando più di una perplessità.
In concorso alla Settimana Internazionale della Critica, Venezia 75.