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Berlin Calling
Droga, musica e... Berlino. Dopo i festival di Locarno, Amburgo e Berlinale, arriva in sala con Officine Ubu Berlin Calling diretto da Hannes Stoehr, con protagonista il dj di fama internazionale Paul Kalkbrenner nei panni del disc jockey Ickarus, con una grande passione per la musica elettro-techno e una pericolosa dipendenza dalle droghe.
Il binomio stupefacente musica e sostanze, tutto genio e sregolatezza, non è eufemisticamente nuovo al cinema, tuttavia Stoehr, regista e sceneggiatore, fa qualcosa per rinverdirlo, puntando tutto sul minimalismo: poco intrusive le musiche, molto belle, di Kalkbrenner (solo un pezzo non è suo, ma di Sascha Funke); ottima l'interpretazione del protagonista, in delicato e affascinante bilico tra finzione e realtà; ambiguo l'epilogo, a metà strada, dopo il rehab, tra rinascita personale e ritorno alla routine dei globetrotter del sound contemporaneo, che alle chitarre delle rockstar di una volta rispondono oggi con cuffie e computer portatile.
Nel mezzo, trip cattivi, sudorazioni monstre e schizofrenie da paura, gli incontri sporadici con il padre pastore-organista e il fratello bravo ragazzo, il tira e molla con la compagna-manager Mathilde - con parentesi aperta lui, lei e l'altra (di lei) - e, infine, il parto del nuovo disco: Berlin Calling, appunto, con Ickarus che troneggia in copertina con camice da paziente psichiatrico e palloni da riabilitazione. Rimane, dunque, un (a)tipico junkie al tappeto: quello sonoro della scena techno berlinese, e non solo, che il film indaga nelle sue creature per antonomasia (pusher, agenti e neo-groupie), nei suoi eccessi (MDA, MDMA, cocaina, e vai assumendo, ma senza troppa enfasi) e nella sua libertà creativa, con qualche sprazzo di autentica felicità, anche per lo spettatore. Check this sound!