La commedia francese targata Philippe De Chauveron cerca sempre di giocare con il razzismo, il problema dell’integrazione, che affligge l’Italia e i nostri cugini d’Oltralpe. In Non sposate le mie figlie! aveva messo in scena una sorta di rivisitazione di Indovina chi viene a cena?, dove una famiglia gollista e conservatrice doveva confrontarsi con il fidanzato, e futuro marito, di colore della figlia. “Incubi” che non accennano a tramontare.

Il nuovo Benvenuti a casa mia segue il ritornello del “Volemose bene” e butta in caciara un problema che tutti i giorni riempie le prime pagine dei quotidiani. Jean – Etienne Fougerole è un intellettuale di sinistra, a tratti reazionario, che in gioventù aveva fatto dell’impegno politico la sua bandiera. Oggi si culla in una vita borghese, scrive libri di successo e insegna all’università, mentre la moglie s’improvvisa grande esteta e cultrice dell’arte moderna.

 

Per lanciare la sua ultima opera, Fougerole accetta di partecipare a un dibattito televisivo, e di sfidare a colpi di grandi riflessioni un giovane scrittore dall’indole leghista, anche se siamo in Francia. L’avversario gli lancia una provocazione: accogliere a casa sua una famiglia rom per dimostrare le sue “ampie vedute”. Incautamente Fougerole accetta, e la sera stessa i suoi nuovi inquilini gli bussano alla porta.

La roulotte accampata in giardino può strappare qualche sorriso, come anche il maiale che si fa il bagno nel laghetto con i pesci giapponesi (dal prezzo esorbitante), o il cugino svitato che acchiappa le talpe alla velocità di un’auto sportiva. Ma dopo la curiosità iniziale, i continui intellettualismi trascinano la storia in una dimensione forzata, sopra le righe, tutta di testa.

L’ottimismo superficiale è un marchio di fabbrica del regista e, anche nei momenti più difficili, ogni disputa si può risolvere con una risata. I rom, capitanati dallo strambo Babik, sono un trionfo di luoghi comuni. Cantano e ballano dal mattino alla sera, hanno una mentalità retrograda, rubano a man bassa e mettono in cima ai loro pensieri la verginità della figlia più piccola. Sono macchiette lontane dalla realtà, da un mondo che dovrebbe essere guardato con più rispetto.

 

De Chauveron è ben lontano dai colleghi Olivier Nakache ed Eric Toledano, che con leggerezza avvicinano un ragazzo delle banlieue a un ricco tetraplegico (Quasi amici), per poi abbracciare il caos di una società che organizza matrimoni (C’est la vie – Prendila come viene). Benvenuti a casa mia usa invece lo spunto sociale per semplificare questioni complesse con la furbizia di chi vuole solo attirare in sala il pubblico più facile. L’unico spunto interessante, specialmente con le elezioni alle porte, è il monito che il film lancia ai politici: attenti a cosa promettete, perché potreste essere costretti a concederlo.