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Belle e Sébastien – Next Generation (credits: Jerome Prebois)
Era il 2013 quando il regista francese Nicolas Vanier, grande appassionato della serie televisiva Belle e Sébastien, scritta e diretta da Cécile Aubry, decise, sebbene intimidito, di avventurarsi nel difficile terreno del più grande successo televisivo francese facendone un film per il cinema. Ne uscì alla grande ambientando la storia all’epoca della seconda guerra mondiale e rendendo protagonista assoluta del film la montagna con i suoi paesaggi impervi.
Dopo due anni la storia dell’amicizia tra l’orfanello e il suo enorme cane bianco cambiava regia con Christian Dugay che portava in sala Belle e Sébastien – L’avventura continua. Un’avventura che proseguiva ancora perché non paghi nel 2018 usciva il terzo capitolo della trilogia voluta e finanziata dalla Gaumont Belle e Sebastien – Amici per sempre, diretto da un altro francese: Clovis Cornillac. La magia però sembrava essersi persa per strada.
Per fortuna questo quarto capitolo, Next Generation, diretto da Pierre Coré, in parte la ritrova. Già da titolo si capisce: lontanissimi i tempi della Seconda Guerra Mondiale, ora è l’epoca dei selfie con le capre. Ed è proprio grazie a un selfie che Sebastien (non più il ragazzino orfano che vive con il nonno interpretato da Félix Bousset, ma un ragazzino di città con lo skateboard interpretato da Robinson Mensah Rouanet) incontrerà il meraviglioso cane bianco dei Pirenei, ingiustamente maltrattato dal suo padrone, che animerà la sua noiosa estate in montagna dalla nonna.
Gli elementi sono sempre gli stessi: il cattivo che vuole sparare la neve artificiale anche ad agosto e lucrare sul territorio (il tema ambientale ormai va per la maggiore: vedi l’ultimo film della Disney, Strange World, ma anche il film di Patierno, Improvvisamente Natale, prossimamente su Prime Video) e l’eterna amicizia tra un bambino e un animale (e anche qui di film sul tema ne abbiamo a iosa, dal recente Il ragazzo e la tigre di Brando Quilici a Mia e il leone bianco di Gilles de Maistre).
Ma questa rinnovata veste, con un Sébastien 2.0 che ha i genitori separati e una nonna che non lo vorrebbe molto in mezzo ai piedi, dà freschezza al grande classico. E questo piccolo parigino che non sa nulla di pecore, ma con il coraggio e il carattere pessimo di un vero pastore, catapultato in mezzo alla montagna, riesce a conquistarci e a farci ritrovare in parte la magia di questa storia. Come dire, siamo pronti adesso e più bendisposti anche verso un quinto capitolo.