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Daniel Brühl e Théodore Pellerin in Becoming Karl Lagerfeld
Alla sua morte Karl Lagerfeld era considerato una delle figure più forti e polarizzanti nel settore della moda. Famoso per la sua intelligenza, lo stile personale iconico e la visione trasformativa al timone di Chanel, Fendi e della sua etichetta omonima, il couturier ha lasciato un segno indelebile. Si è guadagnato il soprannome di "Kaiser", ma la sua ascesa al potere è stata lunga e travagliata, di questo racconta la serie Becoming Karl Lagerfeld, su Disney+ dal 7 giugno. Divisa in sei parti, la storia copre un arco narrativo di una decina d'anni, dal 1972 al 1981, quando Lagerfeld era ancora un designer di prêt-à-porter relativamente sconosciuto, prima della fama e dell’avventura nella haute couture. E prima che rivelasse ai media e al grande pubblico la sua personalità a dir poco controversa.
La serie, tratta dal libro Kaiser Karl di Raphaëlle Bacqué, si fa apprezzare per una meticolosa attenzione ai dettagli estetici, dalle vivaci scene della vita notturna parigina ai momenti intimi negli studi, la scenografia, i costumi e il design della produzione portano in vita l'opulenza degli anni ’70. Becoming Karl Lagerfeld non parla delle note polemiche intorno alla figura dello stilista, scegliendo di concentrarsi sulla psicologia del personaggio, nel tentativo, forse, di capire cosa ci fosse alla base della grassofobia, del razzismo e della sua assenza di empatia.
Daniel Brühl interpreta Lagerfeld in modo convincente, cogliendo l'ambizione del giovane designer e le contraddizioni che si agitavano sotto la superficie di ghiaccio del suo volto severo e imperturbabile. Al centro della narrazione, ci sono le dinamiche tra Lagerfeld e figure chiave nella sua vita. I nodi che lo stringevano alla madre, Elisabeth – interpretata da Lisa Kreuzer – in un legame che ha condizionato la sua vita personale e professionale, il rapporto con Jacques de Bascher – nella serie Théodore Pellerin –, la rivalità con Yves Saint Laurent (Arnaud Valois) e, di conseguenza, con Pierre Bergé (Alex Lutz).
Da una parte, de Bascher, un erotomane animalesco, volubile e indolente, dall’altra l’algido Lagerfeld, totalmente disinteressato ai piaceri fisici, spinto solo dal suo bisogno di rivalsa. Entrambi famelici, calcolatori, due fragili tiranni, schiavi dei loro desideri, due forze di segno opposto che agitano la scena parigina. C'è poi il rapporto problematico con il cibo, gli strappi – tutti zucchero e rimpianto – alle regole autoimposte, l’emotività soffocata in una guaina stretta quanto quella del personaggio: tutto per aderire a un fit e un ruolo ideali.
E allora Becoming Karl Lagerfeld ci parla più di potere, di desiderio e di riscatto che di moda. Da Marlene Dietrich e Loulou de la Falaise, Paloma Picasso, Andy Warhol fino a Thierry Mugler: non esistono semplici comparse, ogni personaggio è funzionale all’emancipazione del protagonista. Nel finale, quando riceve la telefonata fondamentale da Chanel, quello che vediamo è un uomo guidato da un'incessante ricerca di approvazione e affermazione personale, e che con le fragilità, le proprie e quelle degli altri, ha costruito le basi per il suo status nel fashion system.