Olivier Marchal e il polar. Da oltre 20 anni (nel 2004 36 Quai des Orfèvres gli diede la ribalta internazionale) il regista ex poliziotto ha legato indissolubilmente la sua esperienza di vita vissuta a uno dei generi più caratteristici del cinema francese.

Ora su Netflix è disponibile il suo ultimo Bastion 36 (eh già, come ritorna questo 36...), film ambientato nella Parigi dei giorni nostri e che - pronti, via - ci getta nel caos di un inseguimento coordinato dalla brigata di ricerca e intervento per le strade affogate da un improvviso acquazzone.

Tra i membri della squadra c'è Antoine Cerda (Victor Belmondo, il nipote di Jean-Paul...), taciturno e introverso, marzialista che di notte prende parte a combattimenti clandestini. Beccato dai piani alti, viene sanzionato dall'ispettorato generale e trasferito alla squadra anticrimine. Passano i mesi, durante i quali Antoine sembra aver tagliato i ponti con gli amici e colleghi di un tempo, ma quando due poliziotti della sua ex brigata vengono uccisi in meno di 24 ore e un terzo scompare nel nulla, ecco che dovrà mettersi in gioco per capire cosa sta succedendo. Anche a costo di rischiare la propria vita.

Victor Belmondo e Olivier Marchal - Laurent le Crabe / Netflix - Copyright © 2024 Netflix, Inc.
Victor Belmondo e Olivier Marchal - Laurent le Crabe / Netflix - Copyright © 2024 Netflix, Inc.

Victor Belmondo e Olivier Marchal - Laurent le Crabe / Netflix - Copyright © 2024 Netflix, Inc.

Disperato e violentissimo, il film di Marchal (scritto dal regista insieme a Olivier Dujols e Michel Tourscher) è un vortice discendente dove il confine tra forze dell'ordine e criminalità organizzata si fa sempre più labile, fino a confondersi del tutto (il tema della corruzione, non a caso, accompagna la sua filmografia sin dall'esordio del 2002 con Gangsters): la vena autodistruttiva del protagonista diventa allora specchio di un'anima incapace di accettare il marcio che lo circonda, e che dovrebbe avallare.

D'altronde, come si sentirà dire ad un certo punto, "la morale comincia dove finisce la polizia": il bene e il male, come di consueto nel cinema di Marchal, diventano dunque solamente etichette di facciata.

Certo, l'innegabile tensione e l'indubbia tenuta dell'apparato action-poliziesco hanno la meglio sul mancato spessore e approfondimento dei personaggi secondari, come pure sembra esserci qualche giro a vuoto nella parte centrale del racconto, ma resta indiscutibile - anche alla luce di un finale così "banalmente" tragico - la capacità di restituire uno spaccato nerissimo, e senza speranza, di una realtà intossicata fino ai livelli più alti.

"I cattivi restano cattivi. E i poliziotti ne escono comunque puliti".