Una studentessa e un uomo di mezza età si incontrano in una stanza d’albergo. Dopo alcuni convenevoli di circostanza (tipo rimarcare quanto sia isolato l’hotel), lui chiarisce di essere disposto a pagare un milione di won solo a patto di “vedere del sangue”, ossia di avere una prova tangibile di averla deflorata. Lei replica di non essere sicura di poterlo accontentare in quanto, pur essendo “tecnicamente” vergine, ha subito abusi da parte di un insegnante. L’uomo sembra dimostrarsi comprensivo, ma ben presto la accusa di averlo ingannato e, rendendosi conto che la ragazza potrebbe avergli mentito su altre cose, diventa sempre più aggressivo. Per calmarlo, lei accetta una cifra irrisoria e lo invita a farsi una doccia. Appena l’uomo si chiude in bagno, la maschera dell’ingenua studentessa cade ed è una pragmatica giovane donna d’affari quella che esce dalla porta. Quando rientra, la stanza è piena di persone, pronte a partecipare a un’asta… durante la quale saranno messi in vendita gli organi dell’uomo, che è ancora vivo, ma giace immobilizzato su un lettino.

È questa la trama di Momgap (Bargain), cortometraggio diretto da Lee Chung-hyun nel 2015, che nelle mani di un altro regista, Jeon Woo-Sungh, si trasforma nello spunto iniziale dell’omonima serie televisiva: Bargain – Trattativa mortale, uscita in Corea del Sud lo scorso anno, ma appena approdata in Italia grazie a Paramount+.

Viste le premesse (ampiamente svelate da qualunque trailer), lo spettatore è legittimato a chiedersi cosa potrebbe succedere di più grave? Beh, parafrasando Igor di Frankenstein Junior, “Potrebbe esser peggio! Potrebbe esserci un terremoto”. In tal caso, l’albergo (così fuori mano che persino con specifiche indicazione si fatica a trovarlo) collasserebbe, intrappolando nello stesso inferno trafficanti di organi, donatori “involontari”, ragazze adescatrici e clienti dell’asta (nessuno dei quali può fare affidamento su un cellulare). E – indovinate un po’? – succede: la terra trema e parte dell’hotel crolla, ma è solo questione di tempo prima che l’intera struttura si accartocci su se stessa e sprofondi.

Bargain
Bargain

Bargain

Proprio come la scossa sovverte ogni ordine prestabilito, Jeon (autore anche della sceneggiatura insieme a Choi Byeong-yun e Kwan Jae-min) rimescola completamente le carte in tavola, spiazzando sia sul piano dei generi (dramma, thriller, survival, crime, action e horror si rifrangono senza sosta), sia su quello dei toni. Colpo di scena dopo colpo di scena, si passa dalla denuncia sociale alla frenesia da dimensione videoludica, dal kammerspiel noir alla satira dissacrante, complici costanti innesti di una comicità grottesca che potrebbe risultare un po’ indigesta al pubblico occidentale.

L’unico elemento di continuità è quello spazio-temporale, enfatizzato dall’uso continuo del piano sequenza (i cui i necessari tagli, pur riconoscibili da un occhio allenato, sono gestiti con una certa abilità), che bracca i personaggi in un’unica lotta contro il tempo, riuscendo però a farli muovere sempre a favore dell’obiettivo e a manipolare la percezione ambientale dello spettatore, grazie alla claustrofobica fotografia di Young-Ho Kim e agli effetti visivi di Jinhee Kime e Sung-min Alvin Yun (provenienti dai fenomeni seriali Squid Game e Avvocata Woo). E, a proposito di personaggi, fa riflettere il fatto che, se da una parte l’America insegue il politicamente corretto ed è terrorizzata all’idea di offendere qualcuno, dall’altra parte la Corea del Sud se ne infischia, visto che il più “buono” dei tre protagonisti di Bargain è Go Geuk-ryul (Chang Ryul), soprannominato ironicamente dagli altri “il bravo figliuolo”: un giovane che si è indebitato per garantire un trapianto al padre ed è disposto a tutto pur di assicurarsi il rene necessario, incluso prenderselo di persona.

Il portatore del prezioso organo è il depravato individuo conosciuto all’inizio della storia, che risponde al nome di No Hyung-Soo (Jin Sun-Kyu), è un poliziotto (alla faccia delle forze dell’ordine corrotte...) e non ha né remore etiche (anche se è convinto di possedere una morale esemplare), né intenzione di morire facilmente. Ma il volto più noto agli spettatori italiani è senza dubbio quello della ragazza (alias Park Joo-Young) interpretata dell’attrice Jeon Jong-seo, già protagonista femminile di Burning di Lee Chang-dong, Mona Lisa and the Blood Moon di Ana Lily Amirpour e Ballerina di Lee Chung-hyun (proprio lui, l’autore del corto Momgap), nonché versione orientale di Tokyo nel remake coreano de La casa di carta.

Bargain
Bargain

Bargain

È lei (manipolatrice spietata, cinica bugiarda e votata all’esclusivo profitto personale per lasciarsi alle spalle un passato da incubo) l’innesco dell’ingranaggio Bargain, nel quale prede e predatori si scambiano continuamente i ruoli, in una folle corsa verso un finale, che, da un lato, muta ancora una volta le carte, ma che, dall’altro blocca l’intera serie in un punto di stallo che potrebbe farla franare sotto il peso delle aspettative (di carne al fuoco ne è stata messa fin troppa) oppure dare il via a un universo parallelo espanso.

Per un giudizio definitivo si rende quindi necessaria la visione della seconda stagione (comunque confermata), ma, nel frattempo, ci si può tranquillamente godere Bargain per quello che è: una scheggia impazzita senza remore, né vergogna nell’attaccare tutto e tutti. Eppure, se è vero che l’umanità fa abbastanza schifo, lo è altrettanto il fatto che ne facciamo parte anche noi. Per cui, previ i distinguo del caso (leggi: eccesso voluto, grande spregio delle leggi della fisica e straniamento evidente sin dai titoli di testa), non possiamo non domandarci: io, in una situazione apocalittica analoga, cosa farei? Mi alleerei con chi voleva uccidermi? Penserei a salvarmi o ad arricchirmi, a vendicarmi o ad aiutare gli altri? E la pace derivante dall’autocoscienza dipende tutta dall’onestà della risposta.