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Ballata dell'odio e dell'amore
Alex de la Iglesia, del revisionismo. In Balada triste de trompeta, da noi Ballata dell'odio e dell'amore, sono i fantasmi del franchismo a prendere corpo, anzi, ghigno: due pagliacci, uno triste, l'altro “divertente”, per ripercorrere gli anni bui della Spagna che fu - e forse è ancora. Corpi, ma svuotati di umanità, viscere, psicologia: solo simboli, e pure scoperti, di un pamphlet che si fa circo, di un film che si fa farsa.
Sì, perché questa Ballata sarà pure triste, lo è, ma soprattutto insulsa: smaccata sin dal footage storico-politico dei titoli di testa (gli unici a salvarsi), l'intenzionale ricatto è fare del circus horror la cartina di tornasole grottesca e fessa del vulnus franchista.
Ma non va: Leone d'argento e Osella per la sceneggiatura a Venezia 2010 (sic), la Balada dei due pagliacci bestiali intorno alla bella svampita e vogliosa è stonata, cacofonica e stoltamente barocca, tanto da cancellare qualsiasi riflesso tra Storia e questa storia di ordinaria furbizia e mediocre cinema. Costoso, di qualche valore nel trucco e parrucco, ma colabrodo davanti e dietro la camera: gli effetti speciali risibili, la regia caciarona, gli attori credibili come una velina franchista. Stonante con brio.