Un’antica e malvagia creatura vive nell’oscurità di una grotta abbandonata precedentemente adibita a miniera. Il suo nutrimento sono le paure dei bambini che rapisce catturandoli in un sacco e trascinandoli per sempre nella sua tana. Durante l’infanzia, Patrick entra in contatto con questa creatura e riesce a sfuggirle… invano dato che tornerà a ossessionare suo figlio Jake.

Colm McCarthy dirige una brutta copia di It, il famosissimo romanzo di Stephen King, a cui lo accomunano la divisione in due fasce temporali (passato e presente) oltre che l’interesse che l’entità mostruosa nutre verso l’infanzia. Come nel capolavoro dello scrittore americano, la figura del bambino minacciato simboleggia il pericolo del male che incombe sugli inermi, a cui viene sommata l’angoscia per lo sfaldamento del nucleo familiare. È questo il meccanismo narrativo messo in atto dal film: un’interessante somma di archetipi narrativi propri dell’horror a cui purtroppo non corrisponde un’adeguata messa in scena.

Del primo ambito è responsabile lo scrittore John Hulme, autore di una serie di romanzi fantasy intitolati The seems e della sceneggiatura di Bagman, che si concentra sull’unione di varie figure prototipiche dell’horror. La casa, simbolo della civiltà americana e del nucleo familiare, viene contrapposta alla foresta e al bosco, emblemi della natura primigenia e delle forze pagane in essa contenute, circondanti la casa del protagonista, dalla quale non a caso proviene in diverse scene la creatura malvagia che dà il titolo al film, oltre che estesa fino a inglobare l’antica miniera dismessa.

Al contempo, la paura per le forze oscure che minacciano l’infanzia e il nucleo familiare si sommano al timore per il disfacimento dell’economia americana, rappresentato sia dalla vicenda esistenziale di Patrick, impossibilitato a far decollare il proprio progetto lavorativo e a pagare i propri debiti, sia dal mostro, la cui tana è la grotta che prima era una miniera capace di soddisfare larga parte del bisogno nazionale del minerale da esso estratto. Questa simboleggia l’economia industriale novecentesca ormai dismessa e coincidente con il periodo di massimo potere e benessere degli Stati Uniti. Il desiderio di tornare a questo tempo glorioso fa parte dell’immaginario di questa nazione e testimonia un passato che non muore ma continua a vivere nel presente fino a infettarlo, così come il mostro ossessiona Patrick minacciando prima lui e poi suo figlio.

Purtroppo, queste interessanti suggestioni contenutistiche non sono supportate da una struttura narrativa e da una regia adeguate. La prima è infatti usuale e convenzionale, caratterizzata da una progressione degli eventi prevedibile e incapace di generare tensione e paura, mentre McCarthy vi inserisce dei jump-scare altrettanto banali perché resi prevedibili dalla trama.

Bagman è quindi un film imperfetto, dato che conferisce una forma alle ansie del presente ma non riesce a rappresentarle in modo adeguato.