Trittico dinamitardo, dallo spirito a volte conservatore. Impianto poliziesco dei più classici: orgoglio, famiglia, fedeltà al distintivo, la minaccia che viene dai cartelli messicani della droga. Il nemico è al di là del confine, si trasforma in un invasore, e per stanarlo bisogna calare oltre la frontiera. Come abbiamo visto anche nell’ultimo capitolo della saga del reduce più famoso del cinema: Rambo: Last Blood. Strizzatina d’occhio a Trump, ma le avventure targate Bad Boys arrivano dagli anni Novanta. Un film per decennio: 1995, 2003 e adesso Bad Boys for Life. Lo spirito era quello di Arma letale, con un’anima più turistica. Il sole, le spiagge, i bei vestiti, l’aria da vacanza prima di scatenare un pandemonio. Forse anche Fast and Furious arriva da qui.
Dietro la macchina da presa nel 1995 c’era addirittura l’esordiente Michael Bay, che ha segnato la rotta di Bad Boys e di Bad Boys 2. Purtroppo senza i suoi eccessi da videoclip, i montaggi al cardiopalma, le inquadrature che durano pochi secondi, gli effetti psichedelici, la baldanza tonitruante che lo ha fatto amare e odiare, Bad Boys for Life è solo una copia sbiadita dei precedenti. I registi Bilall Fallah e Adil El Arbi omaggiano Bay, lo richiamano, e uno spettatore attento potrebbe qui riconoscerlo in livrea… I due puntano sulla vena comica del filone e meno sull’action, comunque molto presente.